Mese: agosto 2017

Frode commerciale: etichetta attestante il prodotti “Nichel free”

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 marzo – 31 luglio 2017, n. 37983 Presidente Cavallo – Relatore Mengoni

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza del 6/5/2015, il Tribunale di Macerata assolveva Wu. Li. dall’imputazione di cui all’art. 515 cod. pen., perché il fatto non sussiste; pur accertata la messa in vendita – con etichetta “Nickel free” o “senza nichel” – di 587 monili vari in realtà contenenti tale metallo, peraltro in concentrazione superiore al consentito, il Giudice riscontrava che gli stessi oggetti non risultavano ceduti ad alcuno, e che non poteva esser configurato neppure il tentativo del reato, non ravvisandosi nessuna contrattazione in atto. 2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, deducendo – con unico motivo -l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Il Giudice non avrebbe considerato che il tentativo del delitto in esame è ben configurabile a fronte della destinazione alla vendita del prodotto diverso, per origine, provenienza, qualità o quantità, da quello dichiarato o pattuito, come nel caso di specie.

Considerato in diritto

Preliminarmente si osserva che la presente motivazione è redatta in forma semplificata, ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente di questa Corte. 3. Il ricorso è fondato. Premesso che risulta pacifica la condotta della Wu. come accertata nei termini indicati, osserva il Collegio che – giusta costante e condiviso indirizzo di legittimità – la messa in vendita di prodotti non regolamentari integra il tentativo del reato di frode in commercio, poiché costituisce un aspetto della condotta che non è estraneo allo stadio della trattativa negoziale, risolvendosi, per il luogo di esposizione della merce, in un’offerta al pubblico e perciò configurandosi concretamente come una proposta contrattuale; sicché, non costituendo il contatto con la clientela un elemento necessario per integrare il tentativo del delitto in oggetto (Sez. 3, n. 9276 del 19/01/2011, Fa., Rv. 249784), la stessa messa/esposizione in vendita è condotta pienamente idonea e diretta in modo non equivoco alla conclusione dell’accordo finale, e quindi alla consumazione della frode commerciale di cui all’art. 515 cod. pen., se di questa ricorrono gli elementi oggettivi e soggettivi (Sez. U, n. 28 del 25/10/2000, Mo., Rv. 217295; successivamente, tra le altre, Sez. 3, n. 44340 del 30/9/2015, Ol., Rv. 265237; Sez. 3, n. 42953 del 9/7/2014, Hu., Rv. 265567). Il Tribunale, pertanto, ha errato nel negare la configurabilità del tentativo del reato in esame, assumendo che – al momento del controllo – nessuno stesse acquistando la merce di cui trattasi; tale circostanza di fatto, invero, non costituisce elemento essenziale della fattispecie. La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio, affinché il Giudice si adegui al principio di diritto indicato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Macerata in diversa composizione, Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017

Agenzia. Può il mandante recedere dal rapporto per il mancato conseguimento del minimo di affari da parte dell’agente di commercio?

“Con riguardo alla clausola risolutiva espressa prevista dall’art.6.3 del contratto individuale, va condiviso quanto espresso sul punto da Corte Cass. 18/5/2011 n.10934, secondo cui in caso di ricorso da parte del preponente ad una clausola risolutiva espressa, tale clausola può ritenersi valida nei limiti in cui (oltre a non porsi in contrasto con eventuali previsioni in materia di accordi collettivi applicabili al rapporto) non venga a giustificare un recesso in tronco attuato in situazioni concrete e con modalità a norma di legge o di accordi collettivi non legittimanti un recesso per giusta causa, sicché in tali casi il giudice deve comunque verificare che sussista un inadempimento colpevole dell’agente integrante giusta causa di recesso.” ( Tribunale di Reggio Emilia, Sentenza 10 maggio 2017, n. 141)

Testo della sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA

SETTORE LAVORO

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del lavoro di Reggio Emilia, dott. Elena Vezzosi, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel procedimento n. 906/2015 R.G.L. promosso da:

X , (C.F. ***), rappresentata e difesa dall’avv. Giulio Cesare Bonazzi del Foro di Reggio Emilia

-ricorrente-

contro

ALFA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, signor Selmi Carlo, rappresentata e difesa dall’avv. Monica Rustichelli

-resistente-

 

in punto a: indennità cessazione rapporto, indennità di mancato preavviso, altri importi provvisionali

 

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in cancelleria il 17/9/2015 la sig. X conveniva in giudizio dinanzi al Giudice del Lavoro di Reggio Emilia la società ALFA s.p.a. chiedendo dichiararsi la nullità/illegittimità della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto inter partes, l’assenza di giusta causa nel recesso operato dalla mandante in data 4/3/2015 dal contratto di agenzia, ed il conseguente pagamento della somma di Euro 41.325,10 a titolo di indennità di mancato preavviso, € 39.953,61 a titolo di indennità ex art.1751 c.c., oltre a provvigioni su specifici ordini; il tutto con accessori su tali somme dalla cessazione del rapporto al saldo.

La ricorrente esponeva di aver svolto dal 13/1/2010 attività di agente in favore della convenuta –che opera nel settore della produzione e commercializzazione di materiali ceramici- per una parte della Francia (cfr. doc. 1) con reciproca soddisfazione; finchè, del tutto inaspettatamente, con RAR del 4/3/2015 la mandante recedeva ad nutum dal contratto di agenzia per asserita giusta causa (cfr. doc.8), invocando sia gli effetti della clausola risolutiva espressa (art.6 contratto), sia comunque l’art.12, a causa del mancato raggiungimento del budget minimo per l’anno 2014.

La ricorrente afferma non solo di essersi sempre conformata alle direttive aziendali e di aver ottenuto ottimi risultati complessivi in corso di rapporto (a fronte, per altro, della sottrazione da parte dell’azienda, nell’ottobre 2013, dell’importante cliente TRAFFIC 89 s.a.s.); ma che la condotta di ALFA fosse solo strumentale ad omettere il pagamento delle provvigioni su un consistente ordine perfezionatosi successivamente al recesso ma dovuto all’attività dell’agente nei mesi precedenti.

Si costituiva nei termini la società convenuta contestando il contenuto del ricorso e le pretese a credito.

In particolare ALFA evidenziava la legittimità della clausola risolutiva espressa, ed in ogni caso il netto calo del fatturato nella sola zona di competenza della X, a fronte invece di un complessivo incremento delle vendite su tutto il resto della Francia; mentre, con riguardo al cliente TRAFFIC, affermava che sia stato lo stesso cliente a chiedere di essere seguito direttamente dall’azienda a causa dei cattivi rapporti interpersonali con l’agente.

Dopo alcuni rinvii tesi ad una conciliazione, è stata disposta CTU contabile affidata al dr. De Luca; ed all’udienza odierna del 09.05.2017 esaurita la discussione orale, la causa è stata decisa come da sentenza contestuale letta in udienza all’esito della camera di consiglio.

Il ricorso è in parte fondato e va pertanto accolto.

Con riguardo alla clausola risolutiva espressa prevista dall’art.6.3 del contratto individuale[1], la scrivente aderisce (in buona compagnia: cfr. Corte d’Appello Milano 23/7/2013 n.218, Corte d’Appello di Bologna 27/8/2014; Tribunale Pescara sez. lav. 08 luglio 2016 n. 691) a quanto espresso sul punto da Corte Cass. 18/5/2011 n.10934, secondo cui in caso di ricorso da parte del preponente ad una clausola risolutiva espressa, tale clausola può ritenersi valida nei limiti in cui (oltre a non porsi in contrasto con eventuali previsioni in materia di accordi collettivi applicabili al rapporto) non venga a giustificare un recesso in tronco attuato in situazioni concrete e con modalità a norma di legge o di accordi collettivi non legittimanti un recesso per giusta causa, sicché in tali casi il giudice deve comunque verificare che sussista un inadempimento colpevole dell’agente integrante giusta causa di recesso.

Quanto poi a questo istituto, previsto dall’art. 2119 c. 1° c.c. in relazione al contratto di lavoro subordinato, esso è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali- assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, sicché ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza (cfr. tra le più recenti Cass. Sez. L. n. 11728 del 26/05/2014 rv. 631050).

Va per concludere ricordato come la giusta causa di recesso sia qualificata dalla norma come il verificarsi di una causa che non consenta la prosecuzione, neanche provvisoria del rapporto di lavoro, e la giurisprudenza è a sua volta assestata nel riconoscere a questa ipotesi connotati di particolare, intensa gravità, legati soprattutto (e soprattutto in materia di agenzia) alla violazione del vincolo fiduciario tra le parti.

In punto di fatto va allora esaminata la causa di recesso contestata da COEN, e cioè sostanzialmente il mancato raggiungimento da parte della X del budget minimo di vendita fissato per l’anno 2014 in € 610.000 (RAR del 8/1/2014, doc.6 ric).

Se da un lato non è contestato che l’agente non abbia raggiunto quel budget (per altro progressivamente aumentato rispetto agli anni precedenti: nel 2010 era pari a € 480.000, nel 2011 € 550.000, nel 2012 590.000, nel 2013 580.000 –cfr. doc.16 ric.), è stato accertato dal CTU (pg.30 perizia; doc.12 conv., che lo stesso CTU dichiara più attendibile del doc.7) che le vendite effettuate dalla ricorrente nell’anno 2014 ammontano ad € 525.749,00, pertanto lo scollamento dal budget è di una percentuale di circa il 13% in meno, percentuale da considerarsi sostanzialmente modesta o comunque di non tale gravità (a fronte dei successi della X nei 4 anni precedenti) da determinare un recesso immediato dal rapporto; certamente lo scostamento dal budget non può definirsi “eclatante” come iperbolicamente esposto dalla società.

Va inoltre osservato come nell’ottobre 2013 alla stessa fosse stato tolto il cliente Traffic (doc.4 ric;) e tale circostanza ha senza dubbio influito sull’andamento del fatturato, poiché esso cliente (anche qualora non raggiunga il vertice di acquisti dell’anno 2013, ove ha comprato per € 252.474 -doc.5 ric.; dato non contestato da COEN) è comunque importante, dal momento che il fatturato medio annuale dello stesso è superiore ai 150mila euro (cfr. doc.12 conv.). Va poi notato che sommando il fatturato Traffic dell’anno 2014 (che è stato singolarmente basso rispetto alla media di cui s’è dato conto, attestandosi in € 120.257,01 –sempre doc.12) a quello prodotto dalla ricorrente, la stessa avrebbe superato il budget minimo concordatocon ALFA (€ 525.749,00 + € 120.257,01= € 646.006); sicchè a maggior ragione l’esclusione di questo cliente ha pesato sul mancato raggiungimento del budget e comunque ha avuto un ruolo determinante nell’andamento degli affari. Va osservato infatti che Traffic era un cliente consolidato e sul quale la X poteva fare affidamento per l’assolvimento degli obblighi contrattuali: venuto meno lo stesso, la stessa ha dovuto riorganizzare il suo ‘giro’ clienti con evidente maggiore difficoltà rispetto ad una gestione consolidata dei contatti e delle visite. Non pare strano che dunque l’anno 2014 ne abbia risentito in termini di un minor risultato economico, il che non corrisponde ad un minore impegno di tempo ed energie di lavoro (anzi, semmai proprio il contrario); avendo per altro dimostrato la ricorrente di avere comunque in quell’anno procacciato due nuovi clienti.

Per altro, è stato anche dimostrato (e comunque accertato dal CTU) che l’andamento dell’anno 2015 si prospettava molto positivo per la zona X, dal momento che nel 2015 si assiste ad una netta ripresa delle vendite ed è stato verificato un fatturato, relativo a 9 mesi, pari ad € 538.814 (pg.30 CTU): di questa ripresa positiva ha avuto merito certamente la stessa X, sia perché è stata in forza all’azienda a tutti gli effetti per i primi tre mesi dell’anno, sia perché già nel 2014 ha dato prova di aver gettato le basi per un futuro lucroso affare con il cliente Pedrazzini per € 144.011,52 (pg.11 CTU).

Una condotta contrattuale di buona fede doveva portare COEN a valutare l’andamento in flessione degli ordini X dell’anno 2014 come transitorio e connesso con la sottrazione del cliente Traffic o comunque con fluttuazioni dell’andamento del mercato possibili di ripresa; ciò avrebbe consentito di attendere gli esiti –anche parziali- del 2015 e di prendere le conseguenti decisioni.

Va infine notato che nessun precedente accenno, prima della lettera di recesso, è stato fatto alla lavoratrice (la cui anzianità senza macchie avrebbe meritato) in corso d’anno richiamandola ad una maggiore attenzione al proprio portafoglio.

Peraltro, non emerge in alcun modo che il contestato calo di fatturato sia significativo del sostanziale disinteresse dell’agente nella cura della zona affidata, o sia altrimenti imputabile, e per quali ragioni, alla ricorrente, ed anzi lo scostamento dei risultati raggiunti dalla ricorrente non appare significativo, se comparato alla media degli altri agenti di zone limitrofe e a quelli raggiunti nell’anno precedente dalla medesimo agente, come risultanti dalla documentazione prodotta, sicché la contestazione appare destituita di fondamento sotto l’aspetto della condotta tenuta dalla lavoratrice (cfr., in materia di qualificabilità dello scarso rendimento come giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia, Cass. Sez. L. n. 16772 del 17/07/2009 rv. 610330 e Cass. Sez. 2 n. 6008 del 17/04/2012 rv. 622285).

Sul punto, come esattamente osserva la difesa della ricorrente nelle note finali, i dati di comparazione tra l’operato X e gli altri agenti operanti in Francia offerti da COEN non appaiono omogenei tra loro, sia perché ogni zona presidiata ha le proprie peculiarità produttive e occupazionali (oltre che diversa estensione territoriale), sia perché non è coerente paragonare il fatturato di un solo agente – peraltro organizzato in maniera individuale – con la sommatoria dei fatturati di tutti gli altri agenti francesi.

L’erroneità di un siffatto confronto è facilmente riscontrabile laddove invece di prendere in considerazione il fatturato globale di tutta la Francia si proceda a una disamina dei fatturati dei singoli agenti ALFA (doc. 5 primo foglio fascicolo ALFA) e si raffrontino con quello raggiunto dalla signora X, dal momento che così procedendo si verifica che:

– nel 2010 la signora X ha fatturato secondo le stime del CTU 490.568,00 euro (pag. 30). Tra gli altri 19 agente ALFA per la Francia posti come termine di paragone da ALFA, l’unico che ha avuto un fatturato superiore è stato Eurocem Agence Commerciale che ha fatturato 519.444,72 (cfr. sub doc. 5 fascicolo ALFA) quello che segue la X ha fatturato 222.209,68 euro (ovvero meno della metà del fatturato X);

– nel 2011 la signora X ha fatturato secondo le stime del CTU 555.857,00 euro (pag. 30). Tra gli altri 19 agente ALFA per la Francia posti come termine di paragone da ALFA, nessuno ha fatturato più della X, quello che la segue è Eurocem Agence Commerciale che ha fatturato 489.110,92 euro (cfr. sub doc. 5 fascicolo ALFA), gli altri hanno fatturato meno della metà di quest’ultimo;

– nel 2012 la signora X ha fatturato secondo le stime del CTU 495.506,00 euro (pag. 30). Tra gli altri 19 agente ALFA per la Francia posti come termine di paragone da ALFA, nessuno ha fatturato più della X, quello che la segue è Eurocem Agence Commerciale che ha fatturato 323.152,34 (cfr. sub doc. 5 fascicolo ALFA), gli altri agenti hanno fatturato al massimo 195.398,69 e così solo a diminuire sino a arrivare a euro 311,02.

– nel 2013 la signora X ha fatturato secondo le stime del CTU 602.151,00 euro (pag. 30). Tra gli altri 19 agente ALFA per la Francia posti come termine di paragone da ALFA, nessuno ha fatturato più della X, quello che la segue è NB Diffusion sarl che ha fatturato 510.191,00 (cfr. sub doc. 5 fascicolo ALFA), gli altri agenti hanno fatturato al massimo 165.242,00 euro e così solo a diminuire sino a arrivare a euro 600,60.

– nel 2014 la signora X ha fatturato secondo le stime del CTU 525.749,00 euro (pag. 30). Tra gli altri 19 agente ALFA per la Francia posti come termine di paragone da ALFA, l’unico che ha avuto un fatturato superiore è stata una società, la NB Diffusion sarl, che ha fatturato 679.999,24 (cfr. sub doc. 5 fascicolo ALFA) quello che segue la X ha fatturato 135.758,35 euro (ovvero poco più di 1/5 del fatturato X).

Pare conclusivamente da escludere –per tutto quanto sino ad ora osservato- che al momento del recesso in tronco esistessero elementi di tale gravità da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria del rapporto di lavoro; men che meno si riscontrano nei fatti esaminati elementi –anche semplicemente indiziari- che evidenzino da parte della X violazione del vincolo fiduciario tra le parti.

 

A questo punto, per dirla con la Cassazione, “In tema di rapporto di agenzia, il recesso dell’agente per giusta causa si converte, ove si accerti l’insussistenza di quest’ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell’agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all’eventuale risarcimento del danno” (Cass.Sez. 2, Sentenza n. 19579 del 30/09/2016).

Quindi alla ricorrente è dovuto il preavviso semestrale commutato in indennità, e le terminative di rapporto.

Per quantificare queste poste, è necessario risolvere la questione relativa all’ordine del cliente Pedrazzini, e cioè se per quest’ordine (giunto in azienda nel dicembre 2015) la ricorrente abbia diritto alle provvigioni (anche sotto l’aspetto del risarcimento del danno, come è richiesto in ricorso), e dunque se il calcolo del monte provvigionale complessivo –per poi effettuare il calcolo della misura dell’indennità sostitutiva- debba o meno ricomprendere anche questa somma.

La risposta appare negativa.

Se infatti è stato provato dalla X che la stessa lavorò a quell’affare già da novembre 2014, e comunque inviò proposta/preventivo a gennaio 2015, e pervenne in azienda sempre in costanza di rapporto con X (precisamente il 26/2/2015 –doc.7 bis ric.) lettera con richiesta di ‘protezione’ di esso cliente (il che significava una certa conclusione dell’ordine); è dirimente la circostanza che, per le più varie ragioni, l’ordine si è perfezionato solo in data 10/12/2015 (pg.11 CTU), sicché in periodo successivo ai 4 mesi di copertura successivi alla chiusura del contratto d’agenzia, a fronte di quanto previsto in maniera tassativa e inequivoca dall’u.c. dell’art.6 AEC 20/3/2002.

Pertanto, giusto il conteggio del CTU, l’indennità sostitutiva di preavviso della quale ha diritto la ricorrente è pari a € 19.632,74.

Quanto alle terminative, alla ricorrente spetta indennità per lo scioglimento del contratto di cui all’art.10 AEC 2002 nella fattispecie dell’indennità di risoluzione del rapporto e dell’indennità suppletiva di clientela di cui al capo II lett.A, calcolata della CTU in € 6.961,65.

Per chiarire il ragionamento del Giudice, è opportuno ricordare brevemente il regime delle indennità dovute all’agente a seguito della risoluzione del rapporto di agenzia.

Norma fondamentale è l’art. 1751 c.c., che dispone: “All’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni: l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

L’indennità non è dovuta: quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto; quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività; quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.

L’importo dell’indennità non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione“.

Quindi, l’art. 10 dell’AEC del 20.2.2002 stabilisce:

” Con la presente normativa le parti intendono dare piena ed esaustiva applicazione all’art. 1751 cod. civ. anche in riferimento alle previsioni dell’art. 17 della Direttiva CEE n. 86/653, individuando con funzione suppletiva modalità e criteri applicativi, particolarmente per quanto attiene alla determinazione in concreto della misura dell’indennità in caso di cessazione del rapporto, e introducendo nel contempo condizioni di miglior favore per gli agenti e rappresentanti di commercio, sia per quanto riguarda i requisiti per il riconoscimento dell’indennità, sia per ciò che attiene al limite massimo dell’indennità, stabilito dal terzo comma del predetto art. 1751 cod. civ. 9 A tal fine si conviene che l’indennità in caso di scioglimento del contratto sarà composta da due emolumenti: l’uno, denominato indennità di risoluzione del rapporto, viene riconosciuto all’agente o rappresentante anche se non ci sia stato da parte sua alcun incremento della clientela e/o del fatturato, e risponde principalmente al criterio dell’equità; l’altro, denominato indennità suppletiva di clientela, è invece collegato all’incremento della clientela e/o del fatturato e intende premiare essenzialmente la professionalità dell’agente o rappresentante. L’indennità in caso di scioglimento del contratto, di cui ai successivi capi I e II, sarà computata su tutte le somme, comunque denominate, percepite dall’agente nel corso del rapporto, nonché sulle somme per le quali, al momento della cessazione del rapporto, sia sorto il diritto al pagamento in favore dell’agente o rappresentante, anche se le stesse non siano state in tutto o in parte ancora corrisposte…”.

L’indennità suppletiva di clientela, come si legge nel capo II dell’art. 10 cit., spetta ” A) all’atto dello scioglimento del contratto di agenzia e rappresentanza commerciale, sarà corrisposta direttamente dalla ditta preponente all’agente o rappresentante, in aggiunta all’indennità di risoluzione del rapporto, di cui al precedente capo I, una indennità suppletiva di clientela, da calcolarsi sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme corrisposte o comunque dovute all’agente o rappresentante fino alla data di cessazione del rapporto e relative comunque ad affari conclusi dopo il 1° luglio 1989, secondo le seguenti aliquote (omissis) e B) In aggiunta agli importi previsti al capo I ed alla precedente lett. A), sarà riconosciuto all’agente o rappresentante un ulteriore importo a titolo di indennità suppletiva di clientela, a condizione che, alla cessazione del contratto, egli abbia apportato nuovi clienti al preponente e/o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti, in modo da procurare al preponente anche dopo la cessazione del contratto sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti“.

L’indennità prevista dall’art. 1751 c.c. e quella delineata dagli accordi economici collettivi del 2002 alla lett.B sono tra loro alternative, e non cumulative.

Sul punto, è ben noto il percorso giurisprudenziale concernente l’attuazione della direttiva del consiglio Cee del 18 dicembre 1986, culminato nella pronuncia della Corte di Giustizia delle comunità europee del 23 marzo 2006 e nel successivo mutamento di indirizzo della S.C. in favore dell’interpretazione, fino ad allora minoritaria, incentrata sulla necessità di valutare ex post e in concreto il carattere di maggiore o minor favore della disciplina pattizia rispetto a quella legale (su cui, da ultimo, v. Casso civ., sez. lav., 14-01-2016, n. 486; 18413/2013; 15203/2010; 12724/2009; 23966/2008; 13363/2008; 405612008; 68712008; 16347/2007; 9538/2007).

Nel caso di specie. le parti, all’art. 11 del contratto di agenzia (doc. 1), hanno espressamente richiamato ai fini dell’integrazione del contenuto di esso le norme del vigente Accordo Economico Collettivo e alle norme del Codice civile; in questo giudizio, l’agente ha però prospettato il carattere di maggior favore dell’indennità legale rispetto a quella prevista in tali contratti, ritenendo equa la misura della media annua delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni, invocando la disciplina pattizia solo in via subordinata.

La X chiede l’applicazione del trattamento di miglior favore dell’indennità di cessato rapporto prevista dal richiamato art. 1751 c.c. deducendo di aver acquisito nuovi clienti alla mandante e sviluppato sensibilmente gli affari con quelli preesistenti, continuando la società a ricevere sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.

Occorre, quindi, preliminarmente verificare, in fatto, la sussistenza dei presupposti richiesti dalla norma invocata per poi, eventualmente, comparare in concreto l’indennità erogata con quella determinabile in base alla legge.

Sul punto è dirimente quanto accertato dal CTU, che a pg.29 e ss. dell’elaborato precisa come: “Dall’esame di tale documento [il doc.15 COEN ndr] si evince che rispetto ad un totale di 49 clienti “serviti” nel tempo dalla signora X, 33 di essi erano stati serviti nei 3 anni precedenti all’inizio del rapporto (anni 2007, 2008 e 2009) e pertanto si possono considerare non “nuovi”. I 16 “nuovi” sono tutti stati serviti anche negli anni 2014 e/o 2015, con l’eccezione di 2 serviti fino al 2013, e pertanto si possono considerare sostanzialmente “acquisiti”. Tuttavia risulta che solo 24 clienti, tra vecchi e “nuovi” sono stati serviti nell’anno 2014 e nei primi 9 mesi del 2015, pertanto più che di un vero e proprio incremento di clienti, pare potersi parlare di una “sostituzione” di clienti vecchi con i nuovi. Se si include anche il 2013, tali clienti diventano 31, e pertanto ci si ricolloca vicino al numero di clienti di partenza (33). Sotto il profilo dei valori, e tenendo conto che per il 2015 sono riportati soltanto i dati di 9 mesi su 12, si assiste nel 2015 ad una netta ripresa delle vendite, a fronte di un calo piuttosto sensibile nel 2014.

Tra il 2009 (anno precedente all’inizio del rapporto) ed il 2014, vi è una certa confrontabilità di dati, mentre appare un marcato miglioramento conseguito nel 2015…”.

In sostanza, i due dati sostanziali che emergono dall’esame svolto dal CTU sono il pressoché identico numero di clienti facenti capo alla X dal 2009 fino alla cessazione del rapporto, dunque con nessun sostanziale incremento del numero degli acquirenti; nemmeno sotto il profilo dell’aumento del fatturato e/o degli affari si riscontra alcun incremento, dal momento che i dati di partenza -2009- e quelli di arrivo -2015- sono pressoché omogeni. Le differenze di introiti riscontrate negli anni 2014 (in calo) e 2015 (in aumento) sono già state più sopra esaminate: il calo 2014 è verosimilmente dovuto alla perdita del cliente Traffic (ovviamente in alcun modo imputabile all’agente), mentre l’aumento 2015 è spiegato dalla grossa commessa Pedrazzini, ma anche dall’intervento sul precedente territorio di un nuovo agente che –com’è prassi- ha investito nuove risorse ed energie sulla piazza di competenza. Tutti questi elementi non possono dunque essere presi in considerazione per valutare l’effettivo incremento di zona ai sensi dell’art.1751 c.c..

Ne emerge il quadro complessivo di un’agente che ha ben lavorato senza eccellere, mantenendo sostanzialmente il parco clienti e il volume di fatturato iniziale.

Il Tribunale, quindi, osserva che, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’art. 1751 comma 1 c.c. ha introdotto una indennità avente funzione compensativa del particolare merito dimostrato dall’agente (Cass. civ., sez. lav., 23-06-2010, n. 15203), e dunque è necessario, per il suo riconoscimento, che ricorrano tutti i presupposti indicati dalla norma in disamina: l’aver procurato “nuovi clienti al preponente”, ovvero l’avere “sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti”, e il ricevere da parte del preponente “ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti”.

Non è quindi sufficiente la mera dimostrazione del procacciamento di nuova clientela, se non permangano “sostanziali vantaggi” dagli affari conclusi con costoro, dove i “vantaggi” di cui si fa menzione non possono che riflettersi sull’incremento di affari e quindi di fatturato; in altre parole, non è immaginabile il riconoscimento dell’indennità meritocratica per apporto di nuovi clienti se tale apporto non abbia incrementato di pari passo gli affari, quale conseguenza dell’ampliamento della clientela che deve, perciò, apportare un aumento di vendite e di incassi.

Nel presente giudizio, a prescindere dal dato numerico dei nuovi clienti procacciati, manca certamente la prova di questo requisito.

La domanda in parte qua non è dunque accoglibile.

E’ invece accoglibile la domanda relativa alle differenze provvigionali spettanti all’agente con riguardo agli ordini 840729 e 841370. Se da un lato è certo che entrambi questi ordini sono stati saldati da COEN, è da notare tuttavia che la provvigione calcolata dall’azienda su entrambi è pari al solo 5%, invece che l’8% previsto in contratto.

Tanto per altro si evince dalla @ inviata da ALFA alla X in data 24 febbraio 2015, ove si apprende che per “facilitare la logistica del cantiere” ALFA abbia unilateralmente deciso di non vendere direttamente al cliente “Sociètè Troyes Carrellages” ma alla società Traffic 89 / Point Vert con onere di quest’ultima di approvvigionare la prima (cfr. doc. 13 ric) e con conseguente riconoscimento all’Agente di una provvigione sull’affare pari al 5% anziché all’8% , che è quella applicata al cliente Traffic. Ma l’organizzazione logistica di COEN non può ovviamente ripercuotersi sulle provvigioni spettanti alla ricorrente, sicché la decisione di far transitare l’ordine su Traffic non influisce sulla percentuale applicabile all’ordine.

Pertanto, giusti i calcoli svolti dalla ricorrente a pg.44/45 delle note autorizzate, il complessivo credito provvigionale –basato sul ricalcolo all’8% delle provvigioni- è pari a euro 1.188,15, oltre oneri fiscali.

Quanto alle spese di lite, la solo parziale soccombenza di COEN sia riguardo all’an delle domande che al quantum delle stesse, fa sì che sia equa una parziale compensazione (nella misura di 1/3 del complessivo), mentre i rimanenti 2/3 vanno rifusi a parte ricorrente, anche tenuto conto che l’offerta effettuata da COEN di € 15.000 per transigere la causa si è dimostrata nei fatti del tutto inadeguata rispetto a quanto deciso in sentenza. Le spese sono da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

Le spese di CTU vanno poste integralmente a carico dell’azienda, a fronte dei dati discordanti forniti dalla stessa (es: tra il doc. 10 “prospetto andamento fatturati clienti X” ove si leggono dati numerici differenti a quelli riportati nei docc. 5, 6, 7, 7bis e 12 e parzialmente differenti da quelli comunicati all’Agente cf. doc. 15 fascicolo ricorrente) che hanno richiesto una effettiva verifica contabile; ed a fronte comunque della soccombenza in causa della convenuta.

Ex lege la provvisoria esecuzione.

PQM

Il Giudice del Lavoro, ha pronunciato la seguente sentenza:

  1. In parziale accoglimento del ricorso, dichiarata l’illegittimità del recesso ad nutum della preponente per assenza di una giusta causa di recesso, condanna la società ALFA s.p.a a corrispondere a X la somma di € 19.632,74 a titolo di indennità di mancato preavviso e di € 6.961,65 a titolo di indennità suppletiva di clientela di cui all’art.10 punto II lett.A, oltre ad accessori come per legge su tali somme dalla data del recesso al saldo effettivo;
  2. condanna ALFA a corrispondere differenze provvigionali relative agli ordini per il cantiere ‘Galerie exterieure commerciale” pari a netti € 1.188,15, oltre ad accessori di legge dalla data dei pagamenti al saldo effettivo;
  3. rigetta le ulteriori domande svolte da parte ricorrente;
  4. Condanna ALFA s.p.a. a rifondere le spese di lite sostenute da parte ricorrente in misura di 2/3 dell’intero, intero che quantifica in complessivi € 6.500 di cui € 900 per spese oltre ad IVA e CPA., compensato tra le parti il restante terzo; pone definitivamente e per l’intero in carico della convenuta ALFA le spese di CTU già liquidate.
  5. Riserva la motivazione in giorni 60

Reggio Emilia, 09/10/2017

IL GL

Dott.Elena Vezzosi