Mese: luglio 2017

Reati edilizi. Omessa denuncia, reati antisismici, circolari amministrative

 Cassazione penale, sezione III, sentenza 18 maggio 2017, n. 24585

<< In tema di reati antisismici, la contravvenzione di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380 del 2001 è applicabile a tutte le opere realizzate in zona sismica, indipendentemente dalla funzione statica dalle stesse svolte; né può rilevare un’eventuale buona fede dell’imputato per essersi uniformato ad una circolare amministrativa, occorrendo la dimostrazione che questi versasse in una situazione di errore scusabile, tenuto conto del consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità in materia di obblighi di informazione sulla normativa settoriale >>

Agli imputati era stato contestato di avere omesso di presentare allo Sportello unico per l’edilizia la denuncia delle opere strutturali, realizzate in zona sismica, consistenti in un muro di confine, in piloni di sostegno di un cancello, in un muretto di recinzione su strada prima di procedere al loro inizio. Era emerso che i manufatti, costruiti in cemento armato, non erano destinati ad assolvere alcuna funzione statica e che, per tale motivo, gli imputati avevano ritenuto di non dovere presentare preventivamente la denuncia prevista dall’art. 65 del d.p.r. n. 380/2001. Il Tribunale di Asti aveva assolto gli imputati ritenendo l’errore scusabile.

Il primo giudice ha ritenuto , che gli stessi sarebbero incorsi in errore scusabile per avere deciso di non presentare la denuncia allo Sportello unico sulla base della Circolare del Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, non essendo gli stessi tenuti a conoscere il contrario indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che affermerebbe, in siffatte ipotesi, la rilevanza penale dell’omissione della denuncia e, per converso, l’irrilevanza delle eventuali previsioni difformi da parte delle circolari amministrative.

La corte di Cassazione, in riforma dell’impugnata sentenza è giunta alla conclusione che deve escludersi qualunque rilevanza, sotto il profilo scusante, a quanto stabilito dalla Circolare del Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951 (che, secondo la Corte, riguardava tutt’altro oggetto rispetto alla problematica qui, in rilievo: ovvero l’obbligatorietà della preventiva denuncia di opere in cemento armato inidonee ad assolvere una funzione statica e non, come invece sarebbe stato necessario, l’obbligatorietà della comunicazione connessa alla sismicità dell’area interessata dall’intervento edificatorio.).

Gli ermellini hanno tenuto a ribadire che, se per un verso non può in assoluto escludersi che la presenza di determinate circolari amministrative possa contribuire a delineare un quadro regolativo confuso e scarsamente idoneo a orientare il comportamento dei consociati, occorre pur sempre affermarsi che nelle fattispecie contravvenzionali la buona fede può acquistare rilevanza giuridica solo a condizione che essa si traduca nella mancanza di consapevolezza dell’illiceità del fatto e che derivi da un elemento positivo estraneo all’agente, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto, la prova della sussistenza del quale deve essere fornita dall’imputato, unitamente alla dimostrazione di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata.

Testo integrale della sentenza

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 febbraio – 18 maggio 2017, n. 24585
Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza in data 4/07/2016 il Tribunale di Asti aveva assolto, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, M.N. , S.G. e Ma.Sa. in relazione ai reati di cui agli artt. 71 (capo a) e 93 e 95 (capo b) del d.p.r. n. 380 del 2001, per avere: la prima in qualità di committente, il secondo di esecutore ed il terzo di direttore dei lavori, eseguito opere in conglomerato cementizio armato – consistenti in un muro di confine, in piloni di sostegno del cancello, in un muretto di recinzione su strada – in violazione dell’art. 64, commi 2, 3 e 4, nonché per avere omesso di presentare allo Sportello unico per l’edilizia la denuncia delle predette opere strutturali prima del loro inizio; fatti accertati in (omissis) .

1.1. Secondo il primo giudice, infatti, pur essendo stata pacificamente dimostrata la realizzazione delle opere sopra menzionate, dall’istruttoria dibattimentale era, altresì, emerso che i manufatti, costruiti in cemento armato, non erano destinati ad assolvere alcuna funzione statica e che, per tale motivo, gli imputati avevano ritenuto di non dovere presentare preventivamente la denuncia prevista dall’art. 65 del d.p.r. n. 380/2001 per le opere in conglomerato cementizio armato, che l’art. 53, comma 1 considera come tali, appunto, solo quando assolvano ad una funzione statica. Sulla base della riportata interpretazione della normativa di riferimento, avallata dalla Circolare del Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, gli imputati si erano, dunque, consapevolmente determinati a non presentare la denuncia in questione, incorrendo in un errore scusabile, siccome indotto da una normativa suscettibile di differenti opzioni esegetiche e non potendo attribuirsi rilievo dirimente al contrario indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che gli imputati non sarebbero stati tenuti a conoscere. 2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, deducendo, con un unico motivo di impugnazione proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla sola contravvenzione di cui agli artt. 93 e 95 del d.p.r. n. 380 del 2001 contestata al capo b). Ciò sul presupposto che tale figura di reato sia applicabile a tutte le opere realizzate in zona sismica, indipendentemente dalla funzione statica dalle stesse svolte; e non essendo stato, per altro verso, dimostrato che gli imputati versassero, nella specie, in una situazione di errore scusabile, anche tenuto conto del consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità in materia di obblighi di informazione sulla normativa settoriale.

Considerato in diritto

  1. Il ricorso è fondato. 2. Con la fattispecie descritta al capo b) della rubrica è stato contestato agli imputati di avere omesso di presentare allo Sportello unico per l’edilizia la denuncia delle opere strutturali indicate al capo a) – consistenti di un muro di confine, dei piloni di sostegno di un cancello, di un muretto di recinzione su strada – prima di procedere al loro inizio. Come correttamente posto in luce dal ricorrente, la contravvenzione de qua sanziona, al comma 1, l’omesso preavviso scritto allo sportello unico delle “costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni” alla cui presentazione è tenuto chiunque intenda procedervi “nelle zone sismiche di cui all’articolo 83”. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte il reato in contestazione resta integrato indipendentemente sia dalle caratteristiche dell’opera edilizia, che può consistere in qualsiasi intervento edilizio – con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria – effettuato in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, dep. 20/11/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261155), sia dal grado di sismicità dell’area, essendo il reato de quo configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico (v. Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, dep. 6/06/2011, Morini, Rv. 250369). Ne consegue che, già sotto il profilo dell’elemento oggettivo, la sentenza impugnata si mostra gravemente carente, essendosi la stessa soffermata unicamente sulle caratteristiche dell’opera in rapporto alla sua funzione statica ed ai conseguente obbligo di denuncia, senza in alcun modo affrontare il concorrente profilo della sismicità dell’area interessata dall’intervento, la quale avrebbe, dunque, imposto di ottemperare agli obblighi comunicativi. 3. Sotto altro aspetto, si è opinato, da parte della difesa degli imputati, e il primo giudice ha condiviso tale prospettazione, che gli stessi sarebbero incorsi in errore scusabile per avere deciso di non presentare la denuncia allo Sportello unico sulla base della Circolare del Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, non essendo gli stessi tenuti a conoscere il contrario indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che affermerebbe, in siffatte ipotesi, la rilevanza penale dell’omissione della denuncia e, per converso, l’irrilevanza delle eventuali previsioni difformi da parte delle circolari amministrative. 3.1. Sul punto, osserva il Collegio che la consolidata produzione giurisdizionale di questa Corte è ormai pervenuta ad affermare, sulla scia della fondamentale sentenza n. 368/88 della Corte costituzionale, che nelle fattispecie contravvenzionali la buona fede può acquistare rilevanza giuridica solo a condizione che essa si traduca nella mancanza di consapevolezza dell’illiceità del fatto e che derivi da un elemento positivo estraneo all’agente, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto, la prova della sussistenza del quale deve essere fornita dall’imputato, unitamente alla dimostrazione di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (Sez. 3, n. 35314 del 20/05/2016, dep. 23/08/2016, P.M. in proc. Oggero, Rv. 268000; Sez. 4, n. 9165 del 5/02/2015, dep. 2/03/2015, Felli, Rv. 262443; Sez. 3, n. 42021 del 18/07/2014, dep. 9/10/2014, Paris, Rv. 260657; Sez. 3, n. 49910 del 4/11/2009, dep. 30/12/2009, Cangialosi e altri, Rv. 245863; Sez. 3, n. 46671 del 5/10/2004, dep. 1/12/2004, Sferlazzo, Rv. 230889; Sez. 3, n. 12710 del 29/11/1994, dep. 21/12/1994, D’Alessandro, Rv. 200950). Ciò sul presupposto che gli inderogabili doveri di solidarietà sociale stabiliti dall’art. 2 Cost. impongono al destinatario di una determinata normativa di adempiere a stringenti oneri informativi, i quali richiedono che, prima di porre in essere l’attività disciplinata da specifiche disposizioni, egli si adoperi per sciogliere i dubbi che eventualmente concernano il lecito svolgimento di essa o le particolari modalità previste per la sua esecuzione. Ora, se per un verso non può in assoluto escludersi che la presenza di determinate circolari amministrative possa contribuire a delineare un quadro regolativo confuso e scarsamente idoneo a orientare il comportamento dei consociati (rientrando, l’ipotesi delle circolari, tra gli esempi offerti dalla citata sentenza n. 364/88 per configurare una situazione di scarsa perspicuità dell’assetto normativo, tale eventualmente determinare un errore scusabile), deve nondimeno rilevarsi che, nel caso di specie, le circolari invocate riguardavano, come già osservato (v. supra § 2), tutt’altro oggetto rispetto alla problematica che viene, qui, in rilievo: ovvero l’obbligatorietà della preventiva denuncia di opere in cemento armato inidonee ad assolvere una funzione statica e non, come invece sarebbe stato necessario, l’obbligatorietà della comunicazione connessa alla sismicità dell’area interessata dall’intervento edificatorio. Consegue a quanto appena rilevato che, in ogni caso, anche sotto questo dirimente profilo, deve escludersi qualunque rilevanza, sotto il profilo scusante, a quanto stabilito dalla cennata circolare e, corrispondentemente, al convincimento maturato dagli imputati alla stregua delle sue disposizioni. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui al capo b), con rinvio ai Tribunale di Asti.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b) e rinvia al Tribunale di Asti.

 

L.c.a. il caso UNIECO, ma anche Pop. Vicenza e Veneto Banca. Formazione dello stato passivo. Istruzioni per l’uso 2

Data l’importanza che per la gran parte del ceto creditorio riveste la fase della formazione dello stato passivo riteniamo di fare cosa utile compiendo un balzo in avanti nell’analisi dell’istituto della L.c.a.( Liquid. Coatta amministrativa), affrontando il tema della presentazione delle istanze dei creditori, salvo poi ritornare su  temi ai quali dovrebbe essere riservata priorità logica.

Con la recente pubblicazione del decreto che ha disposto la Liquidazione coatta amministrative delle note banche venete, l’istituto ha assunto un ruolo di  grande attualità, anche se occorre puntualizzare che  per il comparto  creditizio occorre fare riferimento alla disciplina speciale contenuta nel Testo Unico Bancario .

Dopo alcune nozioni per inquadrare la materia daremo conto di una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che ha composto un contrasto giurisprudenziale a proposito del silenzio serbato da Commissario Giudiziale e della proposizione tardiva di crediti.

Il procedimento di formazione dello stato passivo nella l.c.a., disciplinato in via generale dalla legge fallimentare (art. 207, 208 e 209  con salvezza delle diverse disposizioni contenute in leggi speciali), si struttura in una duplice fase: la prima, necessaria, di carattere amministrativo, condotta dal commissario liquidatore e informata a un principio di officialità; la seconda, astrattamente soltanto eventuale, di natura giudiziale, da svolgersi davanti all’A.g.o. (Autorità giudiziaria ordinaria). L’operato amministrativo precede quindi l’intervento giudiziale meramente potenziale che trova la propria sede naturale nel giudizio di impugnazione dello stato passivo ex art 98 e 99  L.fall. e in quello di accertamento delle domande di insinuazione tardiva ex art. 101  L. fall.. Il che conferma la qualifica della l.c.a. come procedimento amministrativo in tutte le sue parti, in cui si innestano fasi di natura giurisdizionale   ( Cass. 10.06.11 n. 12729) .

La verifica dello stato passivo nella l.c.a. è regolamentata unicamente con riguardo alla fase giudiziale, mentre invece con riguardo all’accertamento compiuto dal commissario liquidatore, a parte l’indicazione dell’asse temporale in cui questo è scandito, resta priva di regolazione. Trattasi in particolare di una verifica ispirata dal fine di concretare una celerità di ricognizione di tutte le pretese creditorie.

Tuttavia, come ha efficacemente sottolineato un autore: “detto carattere di scopo viene a perdere di effettività a causa sia della natura “ordinaria” dei termini che cadenzano la fase amministrativa, sia della fisiologica procastinazione del momento di definitività dello stato passivo all’esaurimento della possibilità di presentare domande di insinuazione tardiva davanti all’A.g.o”.

Entro un mese dalla nomina, il commissario liquidatore comunica ai creditori le somme risultanti a credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti dell’impresa, seppur con riserva ex lege di eventuali contestazioni in sede di elaborazione dello stato passivo. Analoga comunicazione è rivolta a coloro che possono far valere domande di rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute dall’impresa. In entrambi i casi la comunicazione deve essere effettuata, ove possibile, a mezzo posta elettronica certificata, altrimenti, a mezzo raccomandata o fax.

Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione, i creditori e i titolari di diritti possono far pervenire al commissario le loro osservazioni o istanze (art. 207, co. 3, l.fall.). Si tratterà di contestazioni inerenti, ad esempio, l’entità della somma comunicata, l’omissione di interessi maturati, il disconoscimento della prelazione. I soggetti che invece non hanno ricevuto la comunicazione commissariale possono chiedere, a mezzo raccomandata e con indicazione dell’indirizzo pec personale, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione dei loro beni entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione (art. 208), senza tuttavia incorrere in preclusioni. In entrambi i casi, infatti, stante sempre la non perentorietà dei termini, la presentazione di osservazioni, istanze o richieste non rappresenta un onere, né tantomeno un obbligo, per il creditore quantunque interessato, potendo quest’ultimo sopperire all’inerzia iniziale, non solo fino al deposito dello stato passivo (Cass., 12 febbraio 2008, n. 3380), ma altresì con un proprio intervento nella fase giurisdizionale di accertamento, nella forma delle opposizioni (potendo anche modificare o integrare l’istanza eventualmente già presentata ex art. 208 l.fall.: Cass 15.02.2016 n. 2917)  o dell’insinuazione tardiva, a seconda dei casi.

Nell’indicativo termine di novanta giorni dall’apertura della procedura, il commissario liquidatore, sulla base delle informazioni raccolte d’ufficio e delle eventuali osservazioni, istanze e richieste pervenute, forma poi l’elenco dei crediti, ammessi o respinti, e delle domande di rivendicazione, restituzione e separazione, accolte o rigettateL’elenco è depositato nella cancelleria del tribunale del luogo dove l’impresa ha sede principale, divenendo per legge esecutivo (art 209, co. 1, L.fall.).

Con la sentenza infra  pubblicata vengono enucleati alcuni importanti principi, che hanno contribuito a dissipare dubbi alimentati anche, nel recente passato,  da pronunce del Tribunale di Reggio Emilia. Questi,in sintesi, i principi espressi dalla sentenza  infra riportata per esteso:   << Nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, la partecipazione del creditore al procedimento di formazione dello stato passivo, attraverso la formulazione di domande ai sensi dell’art. 208 legge fall. ovvero di osservazioni o istanze ex art. 207 legge fall., è solo eventuale ma, ove esperita, comporta l’obbligo del commissario liquidatore di provvedere su di esse. Ne consegue che il silenzio mantenuto dal commissario liquidatore in ordine alle richieste formulate dal creditore e il mancato inserimento del credito nell’elenco previsto dall’art. 209, primo comma, legge fall. assume valore implicito di rigetto, contro il quale, per evitare il formarsi di una preclusione, il creditore deve proporre opposizione allo stato passivo ai sensi dell’art. 98 legge fall., mentre, ove sia mancata ogni specifica domanda od osservazione alla comunicazione del commissario liquidatore, resta proponibile la domanda tardiva del credito che non sia stato inserito nel suddetto elenco.>>

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

sentenza 26 marzo 2015, n. 6060

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SENTENZA

sul ricorso 15066-2010 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo 48 studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario Liquidatore pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4729/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2015 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

uditi gli avvocati (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS);

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento, p.q.r., del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con istanza ex articolo 101 L.F. depositata presso il Tribunale di Roma il 30 giugno 2003 l’avv. (OMISSIS) chiedeva l’ammissione al passivo della (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, al rango privilegiato, del proprio credito da interessi sulla somma di euro 429.889,54, gia’ riconosciuta con pari grado all’udienza fissata per la verifica dello stato passivo a titolo di compenso per l’attivita’ professionale svolta in favore della compagnia.

La (OMISSIS) s.p.a. si costituiva eccependo la preclusione da giudicato per effetto della intervenuta ammissione al passivo della sorte capitale.

Con sentenza 20 maggio 2005 il Tribunale di Roma accoglieva la domanda e per l’effetto ammetteva allo stato passivo gli interessi con il medesimo privilegio riconosciuto al credito principale e con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto fino alla data di definitivita’ dello stato passivo.

In accoglimento del gravame proposto in via principale dalla (OMISSIS), la Corte d’appello di Roma con sentenza 30 novembre 2009, respinta l’eccezione pregiudiziale di inammissibilita’ per genericita’ dei motivi, ex articolo 342 cod. proc. civ., dichiarava inammissibile la domanda.

Motivava:

– che sussisteva la preclusione pro judicato in ordine al credito accessorio per interessi, dal momento che la verifica dello stato passivo ed il successivo procedimento ex articolo 101 legge fallimentare erano fasi del medesimo accertamento giurisdizionale riguardante un credito da lavoro professionale, frazionato dal ricorrente nella sorte-capitale e negli interessi nonostante l’identica causa petendi.

Avverso la sentenza, non notificata, l’avv. (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi e notificato il 5 giugno 2010.

Deduceva:

1) la violazione dell’articolo 342 cod. proc. civ. nel rigetto dell’eccezione di inammissibilita’ dell’appello proposto dalla (OMISSIS) in liquidazione coatta amministrativa, nonostante la genericita’ dei motivi dedotti, privi di un supporto argomentativo idoneo a contrastare la motivazione della sentenza impugnata;

2) la violazione l’articolo 2909 cod. civ. e articolo 97 L.F. in ordine al ritenuto giudicato interno per effetto dell’ammissione al passivo del credito per sorte-capitale, da ritenere preclusivo della pretesa degli interessi, successivamente azionata ex articolo 101 L.F.;

3) la violazione dell’articolo 54 L.F., per non aver tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 28 maggio 2001 n. 162 che implicitamente consentiva la proposizione di una nuova domanda per interessi precedentemente non proposta.

Resisteva con controricorso la (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa.

La sezione 6-1 della Corte di cassazione, cui la causa era stata assegnata in base ai criteri tabellari, sull’ordinanza del giudice relatore ex articolo 380 bis cod. proc. civ. che proponeva l’accoglimento del secondo motivo, con ordinanza interlocutoria 4 luglio 2012, rimetteva la causa alla pubblica udienza dell’11 luglio 2013.

All’esito della discussione il collegio, ravvisata una questione di particolare importanza, con ordinanza 8 agosto 2013, rimetteva la causa al Primo Presidente, che la assegnava alle sezioni unite.

Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex articolo 378 cod. proc. civ..

All’udienza del 27 gennaio 2015 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza.

Il ricorrente lamenta, infatti, la carenza di specificita’ dei motivi dell’appello della (OMISSIS), poi accolto: motivi, che si sarebbero risolti nella ripetizione pedissequa degli argomenti trattati in primo grado, senza confutazione analitica delle ragioni di diritto addotte dal Tribunale di Roma a sostegno della decisione. Sennonche’, la censura appare svolta in forma meramente assertiva, senza riproduzione dei predetti motivi di appello: quanto meno, nella parte essenziale da porre in relazione con la ratio decidendi della sentenza di prime cure.

La genericita’ della doglianza non consente neppure di valutare se, trattandosi di questioni di diritto non bisognose di specifica motivazione (secondo la formula tradizionale “il giudice dice il diritto”), la prospettazione di una tesi interpretativa diversa da quella del tribunale, seppur in ipotesi gia’ illustrata in primo grado, fosse idonea, o no, a sollecitarne il riesame da parte del giudice del gravame.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’articolo 2909 cod. civ. e articolo 97 L.F..

Il problema della proponibilita’ tardiva, ex articolo 101 L.F., della domanda relativa al credito accessorio da interessi, quando gia’ si sia proposta istanza tempestiva per la sorte-capitale (nella specie, a titolo di compenso di attivita’ professionale) – accolta in sede di verifica dello stato passivo -presenta diverse sfaccettature, in parte riconducibili a profili di diritto processuale ordinario, in parte propri del rito speciale fallimentare.

Il primo aspetto da prendere in considerazione e’ l’identificazione stessa della domanda, ai fini della sua distinguibilita’ da quella gia’ ammessa al passivo. Si tratta di attivita’ interpretativa che deve muovere dall’ordinaria disamina degli elementi costitutivi della fattispecie: persone, causa petendi e petitum.

Pacifica, nella specie, l’identita’ della componente soggettiva, non appare revocabile in dubbio, invece, contrariamente all’avviso della corte territoriale, la diversita’ della causa petendi.

Vertendosi in tema di diritto di credito eterodeterminato, la pretesa al compenso professionale trae origine, infatti, da un contratto di opera intellettuale; laddove, la domanda accessoria relativa agli interessi moratori ha natura risarcitoria, fondata com’e’ sul ritardo nell’adempimento.

Ne consegue anche la difforme modalita’ di determinazione del quantum: in misura fissa, con riferimento alla sorte-capitale, in conformita’ con il parametro in concreto applicabile, in tema di compenso dell’opera intellettuale (articolo 2233 cod. civ.); soggetta, invece, ad incremento progressivo, ratione temporis acti, in ordine all’obbligazione accessoria per interessi.

Tale inquadramento concettuale, con la distinzione netta tra le due causae petendi, vale a risolvere in senso affermativo la questione della separata proponibilita’ delle relative domande, per compenso e per interessi, rispettivamente in sede di verifica dello stato passivo ed in via tardiva ex articolo 101 L.F.: fuori delle ipotesi, estranee al presente thema decidendum, in cui il debito per interessi resti, per contro, inscindibilmente legato alla sorte-capitale, al punto da poter essere anche liquidato d’ufficio, senza vizio di ultrapetizione: come nel caso di credito da lavoro subordinato o di credito risarcitorio da illecito aquiliano.

La preclusione della domanda tardiva di insinuazione al passivo fallimentare degli interessi maturati, ex articolo 101 L.F., dopo l’avvenuta ammissione tempestiva del credito principale (articolo 96 legge fallimentare) e’ gia’ stata esclusa, del resto, dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 22 marzo 2012, n. 4554). Si pone allora il problema se la medesima soluzione valga anche nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, connotata da profili di specialita’ nell’officiosita’ nell’iter formativo dello stato passivo.

Al riguardo, si osserva che l’impulso d’ufficio sia temperato, peraltro, dalla facolta’ del creditore di presentare osservazioni alla comunicazione delle somme risultanti a suo credito secondo le scritture contabili e i documenti dell’impresa (articolo 207, commi 1 e 3 L.F.). Alternativamente, i creditori che non abbiano ricevuto la predetta comunicazione possono chiedere, mediante raccomandata entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti (articolo 208 L.F.).

Anche se si debba condividere l’orientamento prevalente, secondo cui non si tratta, in tal caso, di vera domanda giudiziale – perche’ diretta al commissario liquidatore, che e’ organo amministrativo – resta comunque che di essa, come delle osservazioni, il commissario debba tenere conto: cosicche’ il silenzio mantenuto sulle richieste formulate e l’omesso inserimento del credito nell’elenco di cui all’articolo 209 L.F., comma 1, assumono valore implicito di rigetto: contro il quale il creditore deve attivarsi mediante opposizione allo stato passivo, ex articolo 98 L.F., per evitare il formarsi di una preclusione (Cass., sez. 1, 11 novembre 2013 n. 25.301; Cass., sez. 1, 19 febbraio 2003 n. 2476).

Simmetricamente, il mancato esercizio del potere di proporre specifica domanda o di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore – iniziative, previste solo come eventuali dalle norme citate – non preclude la proponibilita’ della domanda di ammissione tardiva del credito accessorio da interessi, non pregiudicata da alcun silenzio-rigetto.

Da ultimo, appare inconferente il richiamo argomentativo al principio di ragionevole durata, pure addotto dalla (OMISSIS) s.p.a. in funzione preclusiva della domanda tardiva ex articolo 101 L.F..

Al riguardo, si osserva che il canone in questione, sancito innanzitutto dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (articolo 6, paragrafo 1), poi recepito dalla legislazione nazionale costituzionale (articolo 111 Cost., emendato, in parte qua, in forza della Legge Cost. 23 novembre 1999, n. 2) e ordinaria (Legge 24 marzo 2001, n. 89) e’ rivolto allo stesso legislatore; e cioe’, allo Stato-amministrazione affinche’ realizzi l’obiettivo della definizione del giudizio entro un termine ragionevole: onde, non puo’ essere distorto al fine di penalizzare proprio la parte privata, che di tale principio dovrebbe invece beneficiare, riducendone le possibilita’ di iniziativa giudiziaria, pur se conformi alla disciplina speciale del rito fallimentare: nella specie, inibendo domande di ammissione al passivo fallimentare tardive, e financo “ultratardive”, pur se rispettose dei limiti temporali fissati dall’articolo 101 L.F., u.c., nel testo novellato.

Resta assorbito il terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 54 L.F.; cosi’ come impregiudicata l’ulteriore questione della individuazione del termine finale degli interessi, successiva, in via gradata, alla decisione rimessa al giudice del rinvio sulla domanda principale.

La sentenza dev’essere dunque cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il regolamento delle spese della fase di legittimita’.

P.Q.M.

– Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbito il terzo;

– cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimita’.