Concorrenza sleale, denigrazione mediante social-network

Ricorre, invero, l’ipotesi della “concorrenza parassitaria” quando l’imitatore si ponga sulla scia del concorrente in modo sistematico e continuativo, sfruttando la creatività e avvalendosi delle idee e dei mezzi di ricerca e finanziari altrui. La “concorrenza parassitaria” si realizza in una pluralità di atti che, pur isolatamente leciti, e valutati nel loro insieme, costituiscono un illecito, poiché concretizzano una forma di imitazione delle iniziative del concorrente, che sfrutta in maniera sistematica il lavoro e la creatività altrui. Tali atti possono concretamente manifestarsi sia attraverso un’attività che in un unico momento imiti tutte le iniziative del concorrente (concorrenza parassitaria di tipo sincronico), sia attraverso la successione nel tempo di singoli atti imitativi (concorrenza parassitaria di tipo diacronico), come affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass, sent. n. 13423/2004). .

Testo della sentenza

TRIBUNALE di MILANO

SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA “A” CIVILE

Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Claudio Marangoni                                                       Presidente

dott. Silvia Giani                                                                   Giudice Relatore

dott. Alima Zana                                                                   Giudice

all’esito dell’udienza del 20 aprile 2017

nel procedimento per reclamo iscritto al n. r.g. 6752/2017 promosso da:

TRADE DIRECT SRL con il patrocinio dell’avv. BRANDINA STEFANO e dell’avv. Francesca Caricato, elettivamente domiciliata in piazza FERRARI, 322 47921 RIMINI presso il difensore avv. BRANDINA STEFANO

RECLAMANTE

contro

CHAPTER 4 CORP. D.B.A. SUPREME con il patrocinio dell’avv. LAZZARINO PAOLO elettivamente domiciliato in VIA AGNELLO, 12 20121 MILANO presso il difensore avv. LAZZARINO PAOLO

E nei confronti di

A.GI.EMME DI ADRIANO MONTI con il patrocinio dell’avv. MAURI ENRICO elettivamente domiciliato in VIA CARLONI, 38 22100 COMO presso il difensore avv. MAURI ENRICO

RECLAMATI

Ha emesso la seguente

ORDINANZA

  1. Premesso che il Giudice, in accoglimento delle istanze cautelari, proposte ante causam ex art. 700 c.p.c. e 129 c.p.i. da CHAPTER 4 CORP D.B.A. SUPREME nei confronti di Trade Direct s.r.l. e di A.GI.EMME di Adriano Monti, ha inibito ogni produzione, esportazione e commercializzazione dei capi d’abbigliamento e di ogni altro prodotto recante il marchio “Supreme”; ha, inoltre, inibito a TRADE DIRECT S.R.L. l’uso del nome a dominio “supremeitalia.com” e ordinato il ritiro dal commercio dei prodotti recanti il marchio “Supreme” e dei materiali pubblicitari o promozionali relativi;
  2. la società TRADE DIRECT S.R.L. ha proposto reclamo avverso detta ordinanza, emessa in data 26 gennaio 2017, eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, Sezione Specializzata, e, nel merito, chiedendo la revoca del provvedimento per carenza dei presupposti cautelari del fumus boni iuris e del periculum in mora; in particolare, sotto il primo profilo, ha eccepito la nullità del marchio sia per carenza del requisito di novità che per carenza di capacità distintiva, nonché l’assenza di concorrenza sleale.

2.1.Si è costituita la reclamata CHAPTER 4 CORP. D.B.A. SUPREME, chiedendo il rigetto del reclamo e la conferma del provvedimento;

2.2..si è costituita, altresì, A.GI. EMME di Adriano Monti, la quale ha ribadito il proprio ruolo marginale nella vicenda, in considerazione della esiguità dei capi, acquistati in buona fede da un abituale fornitore, rimettendosi alla decisione del collegio.

Ciò premesso, il Tribunale osserva che:

  1. l’eccezione d’ incompetenza territoriale sollevata dalla reclamante non è fondata.

In applicazione del combinato disposto degli artt. 33 c.p.c. e 120, sesto comma, c.p.i. sussiste la competenza del presente Tribunale, quale ufficio giudiziario nella cui circoscrizione sono stati perpetrati i fatti contestati, nonché quale sede legale di uno dei resistenti. Trattasi di un’ipotesi di cumulo soggettivo per connessione oggettiva che determina la deroga al criterio generale previsto dall’art. 19 c.p.c., essendo stata promossa la controversia anche nei confronti di una società (la A.Gi.Emme) che, secondo i criteri generali, ha la propria sede legale nell’ambito della circoscrizione del presente Tribunale.

L’argomentazione della reclamante, secondo la quale l’estromissione di A.Gi. EMME di Adriano Monti confermerebbe la strumentalità della chiamata in causa della medesima, presuppone un evento mai verificatosi (l’estromissione) e che, di per sé, non escluderebbe la sussistenza della competenza, che va valutata allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda.

  1. Venendo al merito della controversia, si osserva che l’illiceità della condotta perpetrata da TRADE DIRECT sussiste prima facie, sia con riguardo alla fattispecie di contraffazione di marchi di cui all’art 20 lett. A c.p.i., che con riguardo all’ autonoma e diversa fattispecie della concorrenza sleale parassitaria di cui all’art 2598 n. 3 c.c.

 

Con riguardo ai marchi in contestazione, la resistente TRADE DIRECT S.R.L. ha, infatti, utilizzato un identico segno, per prodotti identici, a quelli per cui il segno è stato registrato dalla ricorrente.

Va sin da subito evidenziato che lo stesso segno, del tutto sovrapponibile a quello utilizzato dalla resistente (odierna reclamante), per lettere e caratteri grafici (scritta “Supreme”, di colore bianco, all’interno di un rettangolo di colore nero, riproducibile anche in altri colori), è stato registrato dalla ricorrente CHAPTER 4 CORP. D.B.A. SUPREME, con domanda depositata all’UIBM il 9 ottobre 2015 e, quindi, in data anteriore rispetto al deposito della domanda da parte di TRADE DIRECT S.R.L. (resistente), avvenuta in data 18 novembre 2015.

Nel caso di specie, dunque, è fatto pacifico e documentale l’anteriorità della registrazione del marchio da parte di CHAPTER 4 rispetto a quello della reclamante TRADE DIRECT S.R.L., né risulta in discussione alcuna attività di preuso da parte di Trade Direct, mai allegato e a fortiori provato.

TRADE DIRECT S.R.L. ha piuttosto eccepito la nullità del marchio, con riferimento alla carenza dei requisiti di novità e di capacità distintiva.

Tuttavia, per quanto attiene alla eccezione di nullità, con riguardo all’ assenza di capacità distintiva, la condotta tenuta dalla resistente con la registrazione dell’identico marchio, descritto da essa stesso all’atto della registrazione come “marchio di fantasia”, si pone in chiaro contrasto con la detta eccezione, essendo essa dichiarativa del suo carattere distintivo e della sua originalità (cfr. domanda di registrazione marchio della resistente, sub. documento 3).

Peraltro, se da un lato la registrazione anteriore del marchio è idonea a farne presumere la validità, dall’altro il carattere distintivo e la sua percezione da parte di una cerchia giovane di consumatori emergono prima facie (e fatta salva ogni più approfondita valutazione nella sede del merito) dalla copiosa documentazione prodotta dalla reclamata CHAPTER 4 con riguardo alla diffusione, non solo a livello internazionale, ma anche italiano, del detto marchio (vedi in particolare i documenti prodotti sub nn. 64 e da 73 a 82).

L’ identità del segno e dei prodotti per i quali il marchio è stato registrato comporta la sussistenza della contraffazione, senza che risulti neppure necessaria la prova del rischio di confusione per il pubblico, integrandosi, nel caso concreto, la fattispecie di cui all’art. 20 lett. A c.p.i.

  1. Nel caso di specie, le prove documentali acquisite, comprovanti la ripresa, pedissequa di molteplici iniziative imprenditoriali di CHAPTER 4 da parte della resistente, integrano, altresì, la fattispecie di concorrenza sleale “parassitaria” prevista dall’art. 2598 n. 3 c.c.

Ed invero, è stato documentato l’uso, da parte di Trade Direct, non solo dell’identico segno distintivo per la medesima tipologia di prodotti, ma, altresì, è stata accertata la ripresa dei medesimi elementi decorativi nei prodotti, nonché delle medesime immagini pubblicitarie e, ancora, delle medesime modalità di promozione pubblicitaria volte, per la loro identità o per la costante e implicita ( se non addirittura, esplicita) associazione, a forme di agganciamento parassitario con l’attività e l’impresa della ricorrente CHAPTER 4. Ciò emerge in maniera palese da un raffronto dei prodotti commercializzati dalla resistente TRADE DIRECT con quelli della ricorrente (si veda il catalogo della resistente sub doc. n. 61, nonché le fotografie prodotte a pagg. 18 e 19 del reclamo), nonché dalle modalità di presentazione dell’attività svolta da TRADE DIRECT e, ancora, dalle modalità pubblicitarie da essa intraprese, di accostamento e agganciamento ai prodotti della ricorrente, così da ingenerare la convinzione della sussistenza di un collegamento, se non addirittura di una identità, con l’attività e i prodotti della ricorrente/reclamata. Esemplificativa è la presentazione di TRADE DIRECT come “licenziatario dei marchi più importanti del panorama streetwear mondiale”, contenuta nel catalogo ove sono riportati i prodotti, con i medesimi segni distintivi, le medesime caratteristiche, le immagini della città natale del marchio “Supreme”, le medesime immagini pubblicitarie utilizzate dalla ricorrente (si veda, in proposito, oltre che il catalogo sub doc. n. 61 della resistente, anche, per l’identità delle immagini, il doc. n. 137 della ricorrente e la pag. 28 del menzionato catalogo). La sistematica ripresa, da parte della resistente-reclamante, di molti dei prodotti commercializzati, del segno distintivo e, persino, della scelta dei colori e della grafica dello stesso, sono tutti elementi che fanno ritenere sussistenti, quantomeno prima facie, i presupposti dell’attività illecita di concorrenza sleale “parassitaria”, di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. Lo sfruttamento degli sforzi organizzativi e degli investimenti di carattere pubblicitario effettuati da CHAPTER 4 da parte della reclamante, la quale non ha sostenuto i relativi oneri economici, costituisce concorrenza “parassitaria”, quale integrante condotta illecita che si pone in contrasto con le regole di correttezza professionale cui deve informarsi l’attività imprenditoriale.

Ricorre, invero, l’ipotesi della “concorrenza parassitaria” quando l’imitatore si ponga sulla scia del concorrente in modo sistematico e continuativo, sfruttando la creatività e avvalendosi delle idee e dei mezzi di ricerca e finanziari altrui. La “concorrenza parassitaria” si realizza in una pluralità di atti che, pur isolatamente leciti, e valutati nel loro insieme, costituiscono un illecito, poiché concretizzano una forma di imitazione delle iniziative del concorrente, che sfrutta in maniera sistematica il lavoro e la creatività altrui. Tali atti possono concretamente manifestarsi sia attraverso un’attività che in un unico momento imiti tutte le iniziative del concorrente (concorrenza parassitaria di tipo sincronico), sia attraverso la successione nel tempo di singoli atti imitativi (concorrenza parassitaria di tipo diacronico), come affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass, sent. n. 13423/2004).

6.Sussiste, altresì, il requisito del periculum in mora in relazione alle misure richieste per gli illeciti concorrenziali posti in essere da TRADE DIRECT, atteso il concreto pericolo di sviamento della clientela, di annacquamento del marchio, nonché di compromissione dell’immagine commerciale della ricorrente; tutti elementi non ristorabili in termini puramente economici e monetari, e comunque di difficile quantificazione. L’attualità della commercializzazione dei prodotti contraffatti da parte della reclamante, inoltre, concretizza l’imminenza del pregiudizio, in conformità al disposto dell’art. 131.1 CPI.

Ai fini della valutazione del periculum in mora, è invece superflua la valutazione della sussistenza di un danno alla data della richiesta misura cautelare, il cui scopo è di cessare la prosecuzione dell’illecito o anche solo di prevenirne la verificazione. La verificazione del danno rileva semmai sul piano risarcitorio e non su quello inibitorio.

  1. Considerata la natura anticipatoria del presente procedimento cautelare, alla soccombenza della reclamante segue la sua condanna alla rifusione delle spese della fase di reclamo, le quali si liquidano, in favore di Chapter 4, in euro 5.500,00 per compensi, oltre spese generali, iva e c.p.a. come per legge.

7.1. Tenuto conto della modesta attività difensiva svolta (costituendosi e rimettendosi al Tribunale), dichiara compensate le spese con A.GI.Emme di Adriano Monti srl.

  1. Ai sensi dell’art. 1, comma 17, della Legge n. 228 del 2012, si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del reclamante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il reclamo, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

 

Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata dell’impresa – A – , decidendo sul reclamo proposto da TRADE DIRECT S.R.L. nei confronti di CHAPTER 4 DBA. SUPREME e di A.GI.EMME di Adriano Monti s.r.l., così provvede

  • Rigetta il reclamo proposto da TRADE DIRECT S.R.L. nei confronti di CHAPTER 4 DBA. SUPREME e A.GI.EMME di Adriano Monti s.r.l.
  • Condanna la reclamante alla rifusione delle spese processuali, che vengono liquidate in favore di CHAPTER 4 D.B.A. SUPREME, in € 5.500,00 per compensi, oltre spese generali, iva e c.p.a. come per legge.
  • Dichiara compensate le spese con A.GI.EMME di Adriano Monti s.r.l.
  • Dichiara, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quaterP.R. n. 115 del 2002 – come modificato dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012 – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del reclamante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deliberato in Milano, nella camera di consiglio del 20 aprile 2017

Il Relatore                                                                                                               Il  Presidente

dott.ssa Silvia Giani                                                                              dott. Claudio Marangoni