Donazioni e vendite fittizie di beni immobili, quali i rimedi esperibili dal creditore.

I casi del nostro studio

 Tutela del credito. Donazioni e vendite fittizie di beni immobili, quali i rimedi esperibili dal creditore.

Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sezione civile I, sentenza n. 724 del 09.06.2022

Con la sentenza che si annota il Tribunale di Reggio Emilia accogliendo la domanda avanzata dalla parte istante, ha affermato i seguenti principi:

“Per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria (ndr. per l’annullamento dell’atto di disposizione compiuto dal debitore in frode ai creditori)  è sufficiente l’esistenza di una legittima ragione o aspettativa di credito, non occorrendo necessariamente un credito certo, liquido ed esigibile accertato in sede giudiziale. Anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c. avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore.”

“In tema di azione revocatoria, per l’integrazione del profilo oggettivo dell’eventus damni (cioè del  requisito  del pregiudizio alle ragioni del creditore)  non è necessario che l’atto di disposizione del debitore abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, determinando la perdita della garanzia patrimoniale del creditore, ma è sufficiente che abbia determinato o aggravato il pericolo dell’incapienza dei beni del debitore.”

“Ad integrare il requisito del pregiudizio (eventus damni) è sufficiente una variazione sia quantitativa che meramente qualitativa del patrimonio del debitore, e, pertanto, pure la mera trasformazione di un bene in altro meno agevolmente aggredibile in sede esecutiva, com’è tipico del denaro.”

“Nell’ipotesi di atto a titolo oneroso se esso è posteriore alla nascita del credito, l’art. 2901 c.c. richiede soltanto che il debitore ed il terzo fossero consapevoli (scientia damni) del fatto che attraverso l’atto il debitore diminuiva la garanzia spettante ai creditori, arrecando pregiudizio alle ragioni di questi ultimi.”

IL CASO. Con atto di citazione regolarmente notificato CAIO conveniva in giudizio TIZIO, SEMPRONIA, LIVIA e MEVIA per sentire dichiarare, in via principale l’inefficacia ex art. 2901 c.c. (domanda revocatoria) nei propri confronti di una serie di atti di disposizione (tra i quali atti di donazione e vendita) di beni immobili a favore di alcuni parenti, ed in via subordinata per sentire dichiarare la simulazione assoluta di tali atti.

Resistevano i convenuti disponenti, assumendo, tra l’altro, che i restanti beni di loro proprietà potevano rappresentare garanzia sufficiente a vantaggio del debito.

Il Tribunale di Reggio Emilia sulla scorta dei superiori enunciati principi, ha dichiarato l’inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti di CAIO dei suddetti atti; ordinato la trascrizione ed ogni altra formalità conseguente al provvedimento e condannato, in solido tra loro, i convenuti a rifondere a CAIO le spese di lite.

Il testo della sentenza

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale civile e penale di Reggio Emilia, in persona del giudice Stefano Rago, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. 2634/2021 R.G. promossa

da

CAIO, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Orlandi      come da procura in calce all’atto di citazione ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Correggio (RE), Corso Mazzini n. 15

-attore-

contro

TIZIO, SEMPRONIA, LIVIA, MEVIA,

tutti rappresentati e difesi dall’avv.……………. come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in ……… (RE).

-convenuti-

OGGETTO: revocatoria ordinaria; azione di simulazione.

CONCLUSIONI

Per CAIO:

Piaccia All’Ill.mo Sig. Giudice unico, contrariis reiectis:

  1. A) In via principale per le causali di cui in narrativa, revocare ex art 2901 cc e dichiarare nulli e privi di efficacia,

nei confronti dell’attore, i seguenti atti pubblici:

  • atto di donazione con riserva di diritto di abitazione, compiuto da TIZIO e SEMPRONIA a favore della nipote MEVIA, in data 27/03/2019, rep. 805, a ministero Notaio X, di bene immobile sito in Comune di Correggio (RE);
  • atto di vendita dei diritti di nuda proprietà da parte di TIZIO e SEMPRONIA a favore della figlia LIVIA, in data 17/05/2019, rep. 841, a ministero Notaio X, di consistenza immobiliare sita in Comune di Correggio (RE);
  • atto di vendita dei diritti di nuda proprietà, da parte di TIZIO e SEMPRONIA a favore della nipote MEVIA, in data 17/05/2019, rep 840, a ministero Notaio X, di cespite immobiliare, sito nel Comune di Correggio (RE).
  • B) In via subordinata, per le causali di cui in narrativa, accertare la simulazione assoluta, e per l’effetto dichiarare nulli e/o inesistenti i seguenti atti pubblici:
  • atto di donazione con riserva di diritto di abitazione, compiuto da TIZIO e SEMPRONIA a favore della nipote MEVIA, in data 27/03/2019, rep. 805, a ministero Notaio X, di bene immobile sito in Comune di Correggio (RE).
  • atto di vendita dei diritti di nuda proprietà da parte di TIZIO e SEMPRONIA a favore della figlia LIVIA, in data 17/05/2019, rep. 841, a ministero Notaio X, di consistenza immobiliare sita nel Comune di Correggio (RE);
  • atto di vendita dei diritti di nuda proprietà, da parte di TIZIO e SEMPRONIA a favore della nipote MEVIA in data 17/05/2019, rep 840, a ministero Notaio X, di cespite immobiliare, sito nel Comune di Correggio (RE);
  • C) Ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari di Reggio Emilia di provvedere alla trascrizione della presente sentenza con esonero da sua responsabilità.

Con vittoria di spese e compensi professionali comprese le eventuali spese di CTU e CTP.

Per TIZIO, SEMPRONIA, LIVIA, MEVIA:

Ogni diversa istanza, eccezione e deduzione respinta, voglia l’Ill.mo Tribunale adito:

In via principale:

integralmente respingere perché infondate in fatto e in diritto le domande formulate da CAIO nei confronti di TIZIO, SEMPRONIA, LIVIA, MEVIA.
In via subordinata istruttoria:

ammettere la C.T.U. richiesta dalla difesa dei convenuti nella memoria depositata ai sensi dell’art.183 comma VI n.2 c.p.c.

In ogni caso:

Con vittoria di spese e compensi professionali del presente giudizio.

FATTI DI CAUSA

  1. Con atto di citazione regolarmente notificato CAIO conveniva in giudizio i genitori TIZIO e SEMPRONIA, nonché la sorella LIVIA e la nipote ex sorore MEVIA per sentire dichiarare, in via principale l’inefficacia ex art. 2901 c.c. nei propri confronti della donazione di beni immobili con riserva di diritto di abitazione effettuata dai nonni a favore della nipote MEVIA in data 27 marzo 2019, della vendita della nuda proprietà di beni immobili effettuata dai genitori a favore della figlia LIVIA in data 17 maggio 2019, ed altresì della vendita della nuda proprietà di beni immobili effettuata dai nonni a favore della nipote MEVIA in data 17 maggio 2019, ed in via subordinata per sentire dichiarare la simulazione assoluta di tali atti.
  2. Costituiti con un’unica comparsa depositata in data 29 settembre 2021, TIZIO, SEMPRONIA, LIVIA E MEVIA , nel contestare il dedotto avversario, chiedevano il rigetto delle domande attoree.
  3. Alla prima udienza del 28 ottobre 2021 venivano concessi i chiesti termini ex 183, comma 6, c.p.c.

Depositate le memorie, la causa, ritenuta matura per la decisione, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 17 marzo 2022 sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe la causa veniva rimessa in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. La controversia ha ad oggetto, in principalità, l’azione revocatoria e, in subordine, l’azione di simulazione assoluta di tre diversi atti (una donazione con riserva del diritto di abitazione e due vendite dei diritti di nuda proprietà) effettuati da TIZIO e SEMPRONIA a favore della figlia LIVIA e della nipote MEVIA.

Si tratta, in particolare, dei seguenti atti:

  • atto di donazione stipulato in data 27 marzo 2019 con il quale TIZIO e SEMPRONIA hanno donato a MEVIA, con riserva di diritto di abitazione, la nuda proprietà dell’immobile sito in Correggio (RE);
  • atto di compravendita stipulato in data 17 maggio 2019 con il quale TIZIO e SEMPRONIA hanno ceduto a LIVIA la nuda proprietà dell’immobile sito in Correggio (RE);
  • atto di compravendita stipulato in data 17 maggio 2019 con il quale TIZIO e SEMPRONIA hanno ceduto a MEVIA la nuda proprietà dell’immobile sito in Correggio (RE).

Preliminarmente, giova ricordare che l’azione di simulazione (assoluta o relativa) e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere proposte entrambe nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro o, anche, eventualmente in via subordinata l’una all’altra, senza che la possibilità di esercizio dell’una precluda la proposizione dell’altra.

L’unica differenza tra la formulazione delle due domande in via alternativa, piuttosto che in via subordinata una all’altra, risiede esclusivamente nella circostanza che, nel primo caso, è l’attore a rimettere al potere discrezionale del giudice la valutazione delle pretese fatte valere sotto una species iuris piuttosto che l’altra, mentre nella seconda ipotesi si richiede, espressamente, che il giudice prima valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell’eventualità in cui questa risulti infondata (o, comunque, da rigettare), esamini l’ulteriore richiesta (Cass. 21083/2016 e Cass. 17867/2007).

  • È fondata l’azione revocatoria.

Come noto, la domanda ex art. 2901 c.c. presuppone, per la sua legittima esperibilità, la sussistenza congiunta dei seguenti elementi:

  • l’esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria e il debitore disponente;
  • l’effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto dispositivo;
  • la ricorrenza in capo al debitore della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori (scientia damni), ovvero, laddove l’atto sia anteriore al sorgere del credito, la specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito (consi/ium fraudis);
  • nel caso in cui l’atto di disposizione sia a titolo oneroso, la ricorrenza di tale consapevolezza/dolosa preordinazione anche in capo al terzo acquirente.
  • Sussiste, anzitutto, il primo presupposto.

In via generale, si osserva che per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente l’esistenza di una legittima ragione o aspettativa di credito, non occorrendo necessariamente un credito certo, liquido ed esigibile accertato in sede giudiziale. Detta azione può essere pertanto esperita, unitamente alla sussistenza degli altri requisiti di legge, anche per tutelare crediti condizionali, non scaduti o soltanto eventuali, nonché per tutelare crediti che non siano liquidi, ossia determinabili nel loro ammontare né facilmente liquidabili (Cass. S.U. 9440/2004 e Cass. 1129/2012).

In particolare, anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c. avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore (Cass. 11573/2013).

Ciò in coerenza con la funzione propria dell’azione revocatoria, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori (Cass. 24757/2008).

Nella specie, CAIO – premesso di aver pagato interamente il debito di € 55.000,00 oggetto della transazione conclusa con ALFA in data 5 dicembre 2017 a fronte del maggior credito vantato dal suddetto istituto bancario nei confronti suoi e dei genitori sulla base della sentenza n. 1892/2017 del Tribunale di Modena – ha dedotto di essere creditore di TIZIO e SEMPRONIA quali coobbligati e di avere agito in regresso nei loro confronti chiedendo ed ottenendo dal Tribunale di Reggio Emilia decreto ingiuntivo in data 26 luglio 2018 con il quale era stato ingiunto a ciascuno dei due predetti debitori di pagargli, a tale titolo, la somma di € 18.333,33, oltre interessi e spese della procedura.

Pertanto, ancorché il decreto ingiuntivo sia stato opposto dagli odierni convenuti e sia ancora pendente la causa di opposizione (iscritta al n. 4952/2018 R.G.), il credito vantato dall’attore, seppur litigioso, è idoneo a determinare l’insorgere, in capo a CAIO, della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso gli atti dispositivi compiuti dai debitori, senza che il presente giudizio sia soggetto alla sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. sollecitata dai convenuti (Cass. 3369/2019 e Cass. 2673/2016).

Non possono, invece, considerarsi sussistenti, ai fini della proponibilità dell’azione revocatoria, gli altri crediti prospettati dall’attore, il quale ha riferito di essere debitore, unitamente ai genitori, nei confronti della società cessionaria dei crediti vantati da altre due banche per le somme di € 168.202,14 e di € 107.535,88 in forza di fideiussioni prestate a favore della società (la BETA s.r.l.) di cui sono soci, atteso che, non risultando essere giunta a conclusione l’asserita      transazione con la creditrice, non è    neppure dato comprendere, allo stato, il titolo che legittimerebbe la sua pretesa creditoria nei confronti dei condebitori solidali.

Dunque, l’attore ha agito in revocatoria nei confronti di TIZIO e SEMPRONIA a tutela    del proprio credito che, ancorché litigioso, ammonta ad € 18.333,33 a carico di ciascun debitore.

  • Sussiste, altresì, il requisito dell’eventus damni.

Avendo l’azione revocatoria ordinaria la funzione di ricostituzione della garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, e non anche della garanzia specifica, ne consegue che deve ritenersi sussistente l’interesse del creditore, da valutarsi ex ante – e non con riguardo al momento dell’effettiva realizzazione -, a far dichiarare inefficace un atto che renda maggiormente difficile e incerta l’esazione del suo credito, sicché per l’integrazione del profilo oggettivo dell’eventus damni non è necessario che l’atto di disposizione del debitore abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, determinando la perdita della garanzia patrimoniale del creditore, ma è sufficiente che abbia determinato o aggravato il pericolo dell’incapienza dei beni del debitore, e cioè il pericolo dell’insufficienza del patrimonio a garantire il credito del revocante ovvero la maggiore difficoltà od incertezza nell’esazione coattiva del credito medesimo (Cass. 5105/2006 e Cass. 12144/1999).

Ad integrare il pregiudizio alle ragioni del creditore (eventus damni) è a tale stregua sufficiente una variazione sia quantitativa che meramente qualitativa del patrimonio del debitore (Cass. 5972/2005, Cass. 20813/2004, Cass. 12144/1999), e pertanto pure la mera trasformazione di un bene in altro meno agevolmente aggredibile in sede esecutiva, com’è tipico del danaro (Cass. 966/2007), in tal caso determinandosi il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva (Cass. 15310/2007, Cass. 3470/2007, Cass. 7262/2000). Il riconoscimento dell’esistenza dell’eventus damni non presuppone, peraltro, una valutazione sul pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, ma richiede soltanto la dimostrazione da parte di quest’ultimo della pericolosità dell’atto impugnato, in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore (Cass. 5105/2006).

Tanto premesso, è evidente che con gli atti compiuti da TIZIO e SEMPRONIA sia stata resa più incerta o difficile la soddisfazione del credito, avendo gli odierni convenuti, coniugi debitori, ceduto (pacificamente) tutti gli immobili di loro proprietà (cfr. pagina 6 della comparsa costitutiva) con conseguente rilevante modifica qualitativa e quantitativa della loro garanzia patrimoniale (tra le molteplici pronunce in cui è stato ravvisato l’eventus damni nel caso di atto dispositivo dell’unico immobile di proprietà del debitore, cfr. Cass. 966/2007 e Cass. 5816/2008).

A fronte di tali atti di per sé idonei a compromettere la garanzia generica del  creditore, i convenuti, nel richiamare (quantomeno implicitamente)      un noto orientamento giurisprudenziale       ( Cass.

21808/2015,       Cass.     17096/2014,               Cass. 4467/2011,      Cass.

24757/2008,       Cass.      7767/2007,                Cass. 5972/2004,      Cass.

11471/2003), hanno eccepito, invero, che i negozi in contestazione non arrecherebbero alcun pregiudizio all’attore, deducendo, a riguardo, di essere soci della GAMMA s.n.c., non gravata da debiti ma, anzi, proprietaria di due vasti attigui capannoni industriali siti a Correggio (RE), aventi un valore solo catastale di € 666.918,00 e di € 517.986,00, nonché di un edificio residenziale non ancora accatastato costruito sul terreno di pertinenza di uno dei capannoni, tutti liberi da ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli.

La tesi non è condivisibile.

Anzitutto, premesso che la quota di una società di persone (quale è la GAMMA s.n.c.), se non “liberamente” trasferibile in forza di disposizione dell’atto costitutivo (Cass. 15605/2002), è sottratta, finché dura la società, alle azioni esecutive dei creditori particolari dei soci (quale è CAIO), potendo costoro far valere i loro diritti         sulla  stessa solo quando, esaurita la liquidazione della società, sarà attribuita al socio la quota di liquidazione (art. 2305 c.c.), i convenuti, omettendo la produzione dello statuto della società o comunque della documentazione societaria idonea a verificare le condizioni di libera trasferibilità della loro partecipazioni, non hanno dimostrato l’espropriabilità delle loro quote e, dunque, la possibilità per l’attore di soddisfarsi su di esse (cfr. Cass.       3538/2019  e        Cass. 23743/2011, che hanno precisato come il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell’eventus damni, tale da determinare l’insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, sia quello in cui viene compiuto l’atto di disposizione dedotto in giudizio ed in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all’atto di disposizione).

In secondo luogo, anche a prescindere dalla superiore dirimente considerazione, poiché non è richiesta, a fondamento dell’azione revocatoria      ordinaria,    la       totale                     compromissione della consistenza patrimoniale del debitore ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l’eventus damni continua a sussistere, in quanto le cessioni in contestazione hanno comportato di  per sé  un obiettivo impoverimento del patrimonio dei debitori ed hanno reso in ogni caso più difficile a CAIO il recupero del credito.

Infatti, deve osservarsi – per un verso – che i convenuti, lungi dall’allegare il valore delle loro quote, si sono limitati a richiedere una C.T.U. volta a stimare tale valore, la quale, tuttavia, in assenza di produzione di qualsivoglia documentazione contabile, si palesa assolutamente esplorativa, e – per altro verso – che a seguito degli atti impugnati il patrimonio dei debitori è sicuramente assai meno capiente e più difficilmente aggredibile da parte dell’attore, al quale non resterebbe che fare unicamente affidamento su quote (peraltro minoritarie, pari al 10% ciascuno, essendo le restanti quote intestate a CAIO ed alla di lui figlia) di una società di persone dall’incerta e non attuale liquidazione e, dunque, non sufficienti a costituire una residualità patrimoniale di ampiezza tale da garantire il sicuro soddisfacimento delle ragioni creditorie, non essendo allo stato in alcun modo prevedibile né ipotizzabile se ai soci debitori potrebbe essere in futuro attribuita la quota di liquidazione in natura, mediante l’assegnazione di beni immobili, oppure in denaro, con conseguente maggiore difficoltà di soddisfacimento in sede esecutiva.

Dunque, deve ritenersi provato il concreto pericolo di danno derivante dalle cessioni de quibus.

1.1.3. In ordine allo stato soggettivo di coloro che hanno partecipato al negozio, l’atteggiamento soggettivo del debitore e del terzo (destinatario degli effetti dell’atto di disposizione) acquistano rilievo differente a seconda che si tratti di atto dispositivo anteriore o posteriore al sorgere del credito ed in ragione della onerosità o della gratuità dell’atto.

Come è noto, nell’ipotesi di atto a titolo oneroso:

  • se esso è posteriore alla nascita del credito, l’art. 2901 c.c. richiede soltanto che il debitore ed il terzo fossero consapevoli del fatto che attraverso l’atto il debitore diminuiva la garanzia spettante ai creditori, arrecando pregiudizio alle ragioni di questi ultimi (scientia damni); si prescinde dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l’azione revocatoria (Cass. 987/1989, Cass. 5741/2004, Cass. 10623/2010) e non assume rilevanza anche una collusione fra il debitore ed il terzo, né lo stato d’insolvenza dell’uno, né la conoscenza di tale stato da parte dell’altro (Cass. 1007/1990 e Cass. 11518/1995);
  • se esso è anteriore alla nascita di un credito, è necessaria sia la dolosa preordinazione del debitore (consi/ium fraudis) sia la partecipazione o la conoscenza del terzo in ordine all’intenzione fraudolenta del debitore (partecipatio o scientia fraudis), cioè la conoscenza da parte di questi della dolosa preordinazione dell’alienazione ad opera del disponente rispetto al credito futuro (Cass. 11577/2008); ad integrare l’animus nocendi richiesto dall’art. 2901, comma 1, n. 1, c.c., è tuttavia sufficiente il mero dolo generico, e cioè la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori, e non è, quindi, necessaria la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore (Cass. 24757/2008 e Cass. 21338/2010), e tale elemento psicologico può essere accertato anche mediante il ricorso a presunzioni (Cass. 24757/2008); la prova della participatio fraudis del terzo ex 2901, comma 1, n. 2, c.c., può essere ricavata anche da presunzioni semplici (Cass. 11577/2008 cit.), ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass. 5359/2009).

Nel caso, invece, di atto a titolo gratuito:

  • se esso è posteriore al sorgere del credito, è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, si sia arrecato alle ragioni del creditore (scientia damni), consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni (Cass. 17867/2007);
  • se esso è anteriore al sorgere del credito, è necessaria la dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore ai fini di pregiudicarne il soddisfacimento (consi/ium fraudis): non è al riguardo necessario il dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore (alla data di stipulazione) di pregiudicare le ragioni del creditore e di contrarre debiti ovvero la consapevolezza da parte sua del sorgere della futura obbligazione, e che l’atto dispositivo venga compiuto al fine di porsi in una situazione di totale o parziale impossidenza, in modo da precludere o rendere difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo diritto; deve, al contrario ritenersi sufficiente il dolo generico, sostanziantesi nella mera previsione del pregiudizio dei creditori; ad integrare l’animus nocendi previsto dalla norma, ossia l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, è da ritenersi sufficiente che il debitore compia l’atto dispositivo nella previsione dell’insorgenza del debito e del pregiudizio (da intendersi anche quale mero pericolo dell’insufficienza del patrimonio a garantire il credito del revocante ovvero la maggiore difficoltà od incertezza nell’esazione coattiva del credito medesimo) per il creditore (Cass. 24757/2008).

In via generale, l’acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore procedente risale al momento della nascita del credito, sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito (Cass. 22465/2006).

Nel caso di specie, è evidente la posteriorità di tutti gli atti impugnati rispetto alle notifiche (ricevute in data 6 settembre 2018: cfr. doc. 8 dell’attore) del decreto ingiuntivo portante i crediti fatti valere dall’odierno attore.

Dunque, pur essendo dirimente rilevare come i convenuti non abbiano minimamente contestato la sussistenza del requisito soggettivo (art. 115 c.p.c.), è sufficiente richiamare il chiaro contenuto delle dichiarazioni testimoniali rese da LIVIA e MEVIA nella succitata causa di opposizione a decreto ingiuntivo al fine di affermare la piena consapevolezza, in capo a tutti gli odierni convenuti, di pregiudicare gli interessi di CAIO (cfr. verbale d’udienza dell’11 novembre 2020 sub doc. 18 dell’attore).

Premesso, poi, che con riguardo alla donazione a favore di MEVIA in data 27 marzo 2019 è sufficiente la mera consapevolezza nei debitori di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, devesi osservare, in ogni caso, che TIZIO e SEMPRONIA non potevano non rendersi conto dell’oggettivo depauperamento del proprio patrimonio e delle conseguenti difficoltà di soddisfacimento delle ragioni di credito ingenerate non solo da tale donazione, posta in essere solo sei mesi dopo il ricevimento del suddetto provvedimento monitorio, ma anche dagli altri due successivi atti di vendita, con i quali è stato portato a compimento il proposito di sottrarre alle ragioni del creditore tutti i beni immobili (cfr. Cass. 7507/2007, secondo cui, in tal caso, l’esistenza e la consapevolezza del debitore del pregiudizio patrimoniale possono ritenersi in re ipsa).

Indubbia essendo la consapevolezza in capo ai disponenti, deve ritenersi che – a prescindere dalle risultanze delle surriferita prova testimoniale – analoga consapevolezza, in relazione alle due vendite in data 17 maggio 2019, avessero anche le acquirenti LIVIA e MEVIA, avuto riguardo:

  • allo stretto rapporto di parentela tra disponenti e beneficiari (LIVIA è figlia di TIZIO e SEMPRONIA, mentre MEVIA è nipote di questi ultimi nonché figlia di LIVIA) (Cass. 1286/2019);
  • alla sequenza temporale degli atti dispositivi, compiuti lo stesso giorno col ministero del medesimo notaio ed a distanza di meno di due mesi dalla donazione conclusa il giorno precedente la prima udienza fissata nella citazione in opposizione a decreto ingiuntivo;
  • alla contestuale vendita di una pluralità di beni che esauriscono il patrimonio immobiliare del debitore (cfr. Cass. 18034/2013, Cass. 7104/2005, Cass. 6248/1999, secondo cui, in tal caso, l’esistenza e la consapevolezza dei terzi acquirenti del pregiudizio patrimoniale sono in re ipsa);
  • alla natura immobiliare dei beni oggetto dei trasferimenti, in assenza di titolarità in capo ai debitori di altri beni immobili sui quali il creditore avrebbe potuto far valere le sue ragioni (Cass. 5359/2009);
  • alla contestuale previsione della riserva del diritto di usufrutto non solo sull’immobile, dove effettivamente i coniugi convenuti risultano risiedere (cfr. notifiche della citazione introduttiva di questo giudizio), ma anche su quello alienato alla figlia che ivi risulta residente, dopo essersi i medesimi disponenti già riservati il diritto di abitazione sull’immobile donato alla nipote che ivi risulta residente (Cass. 13477/2013);
  • all’anomalia della tipologia di vendita in favore di LIVIA, con una lunga dilazione di pagamento, senza interessi (in cinquantasette rate mensili posticipate dell’importo di € 2.000,00 ciascuna, scadenti l’ultimo giorno del mese a partire dal 30 maggio 2019 con scadenza dell’ultima al 28 febbraio 2024), di cui peraltro non è stata fornita alcuna prova, e con rinuncia, altresì, alla ipoteca legale (Cass. 21503/2011);
  • alla mancanza di un motivo oggettivo idoneo a rendere ragione della vendita in favore di MEVIA, che solo un mese e mezzo prima aveva ricevuto in donazione dai nonni l’immobile dove risulta effettivamente risiedere (Cass. 13447/2013).

Pertanto, non può dubitarsi della consapevolezza dei convenuti in ordine al pregiudizio che i predetti atti dispositivi avrebbero arrecato all’attore.

Ne consegue, in base alle argomentazioni sopra svolte, che, ritenuti sussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’azione revocatoria proposta ai sensi dell’art. 2901 c.c., va dichiarata come richiesta l’inefficacia nei confronti di CAIO di tutti gli atti in contestazione.

  • L’accoglimento della domanda revocatoria, proposta in via principale, rende superfluo l’esame della domanda subordinata di simulazione dei medesimi atti.
  1. Le spese seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.) e si liquidano in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e successive modificazioni, secondo i parametri medi delle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria in relazione alle controversie di valore compreso tra € 26.001,00 ed € 52.000,00 determinato in ragione dell’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione revocatoria è diretta (art. 5 D.M. cit.) (cfr. Cass. 19989/2021 e Cass. 89/2021, secondo cui la liquidazione delle spese processuali, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica).

Pertanto, i convenuti vanno condannati, in solido tra loro, a pagare all’attore la somma di € 7.254,00 per compenso e di € 1.230,35 per esborsi, come da nota spese depositata in allegato alla memoria di replica.

P.Q.M.

Il   Tribunale di Reggio Emilia, definitivamente pronunciando, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e difesa, così giudica:

  1. dichiara l’inefficacia ex 2901 c.c. nei confronti di CAIO dei seguenti atti:
  • atto di donazione con riserva di diritto di abitazione, stipulato tra TIZIO e SEMPRONIA, da un lato, e MEVIA, dall’altro, a ministero Notaio X, in data 27 marzo 2019 (Rep. n. 805 e Racc. n. 557);
  • atto di vendita della nuda proprietà, stipulato tra TIZIO e SEMPRONIA, da un lato, e LIVIA, dall’altro, a ministero Notaio X, in data 17 maggio 2019 (Rep. n. 841 e Racc. n. 581);
  • atto di vendita della nuda proprietà, stipulato tra TIZIO e SEMPRONIA, da un lato, e MEVIA, dall’altro, a ministero Notaio X, in data 17 maggio 2019 (Repertorio n. 840 Raccolta n. 580);
  1. ordina la trascrizione ed ogni altra formalità conseguente al presente provvedimento;
  2. condanna TIZIO, SEMPRONIA, LIVIA E MEVIA, in solido tra loro, a rifondere a CAIO le spese di lite, che liquida in € 1.230,35 per esborsi ed € 7.254,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, CPA ed IVA (se dovuta) come per legge.

Così deciso in Reggio Emilia il 9 giugno 2022.

IL GIUDICE Stefano Rago