Frode commerciale: etichetta attestante il prodotti “Nichel free”

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 marzo – 31 luglio 2017, n. 37983 Presidente Cavallo – Relatore Mengoni

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza del 6/5/2015, il Tribunale di Macerata assolveva Wu. Li. dall’imputazione di cui all’art. 515 cod. pen., perché il fatto non sussiste; pur accertata la messa in vendita – con etichetta “Nickel free” o “senza nichel” – di 587 monili vari in realtà contenenti tale metallo, peraltro in concentrazione superiore al consentito, il Giudice riscontrava che gli stessi oggetti non risultavano ceduti ad alcuno, e che non poteva esser configurato neppure il tentativo del reato, non ravvisandosi nessuna contrattazione in atto. 2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, deducendo – con unico motivo -l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Il Giudice non avrebbe considerato che il tentativo del delitto in esame è ben configurabile a fronte della destinazione alla vendita del prodotto diverso, per origine, provenienza, qualità o quantità, da quello dichiarato o pattuito, come nel caso di specie.

Considerato in diritto

Preliminarmente si osserva che la presente motivazione è redatta in forma semplificata, ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente di questa Corte. 3. Il ricorso è fondato. Premesso che risulta pacifica la condotta della Wu. come accertata nei termini indicati, osserva il Collegio che – giusta costante e condiviso indirizzo di legittimità – la messa in vendita di prodotti non regolamentari integra il tentativo del reato di frode in commercio, poiché costituisce un aspetto della condotta che non è estraneo allo stadio della trattativa negoziale, risolvendosi, per il luogo di esposizione della merce, in un’offerta al pubblico e perciò configurandosi concretamente come una proposta contrattuale; sicché, non costituendo il contatto con la clientela un elemento necessario per integrare il tentativo del delitto in oggetto (Sez. 3, n. 9276 del 19/01/2011, Fa., Rv. 249784), la stessa messa/esposizione in vendita è condotta pienamente idonea e diretta in modo non equivoco alla conclusione dell’accordo finale, e quindi alla consumazione della frode commerciale di cui all’art. 515 cod. pen., se di questa ricorrono gli elementi oggettivi e soggettivi (Sez. U, n. 28 del 25/10/2000, Mo., Rv. 217295; successivamente, tra le altre, Sez. 3, n. 44340 del 30/9/2015, Ol., Rv. 265237; Sez. 3, n. 42953 del 9/7/2014, Hu., Rv. 265567). Il Tribunale, pertanto, ha errato nel negare la configurabilità del tentativo del reato in esame, assumendo che – al momento del controllo – nessuno stesse acquistando la merce di cui trattasi; tale circostanza di fatto, invero, non costituisce elemento essenziale della fattispecie. La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio, affinché il Giudice si adegui al principio di diritto indicato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Macerata in diversa composizione, Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017