L’IGP “Piadina Romagnola”: un caso didattico

Una società italiana con sede a Modena, attiva sin dal 1974 nella produzione di piadine mediante metodi industriali, ha impugnato davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il Regolamento esecutivo n. 1174/2014, con il quale la Commissione europea ha registrato l’IGP “Piadina Romagnola” o “Piada Romagnola” (1). A norma del regolamento l’indicazione può essere utilizzata solamente in riferimento a piadine prodotte in Romagna, indipendentemente dal fatto che venga impiegato un metodo artigianale ovvero industriale.

Per la società ricorrente il citato Regolamento comporta uno svantaggio concorrenziale; infatti, mentre la stessa, avendo sede a Modena, resta inevitabilmente esclusa dalla possibilità di utilizzo dello strumento giuridico in argomento, di questo se ne possono invece avvalere le società, pur sempre impegnate nella produzione di piadine con metodi industriali, attive nel territorio romagnolo.

Il 23 aprile 2018 il Tribunale UE, ritenendo opportuno non affrontare la questione relativa alla sussistenza o meno dell’interesse ad agire in capo al ricorrente, ha respinto il ricorso nel merito, così ponendo fine alla c.d. “saga della Piadina Romagnola” (2). La decisione in commento risulta particolarmente interessante in quanto interviene su diverse questioni, sostanziali e procedurali, valevoli non soltanto per l’IGP “Piadina Romagnola” e per il relativo (e sofferto) processo di registrazione ma, più in generale, per la registrazione di qualsiasi IGP.

In particolare, i giudici dell’Unione, nel pronunciarsi sul primo motivo di impugnazione, hanno affrontato due diverse questioni: la prima, di carattere sostanziale, riguarda la rilevanza del metodo di produzione utilizzato, artigianale o industriale, al fine della verifica del legame tra qualità e territorio; la seconda, di natura procedurale, attiene il riparto di competenze tra autorità nazionali e Commissione europea nel procedimento di registrazione delle IGP (3).

Con il primo motivo di ricorso, infatti, la società ricorrente lamentava che la Commissione avesse proceduto alla registrazione dell’IGP “Piadina Romagnola” anche con riferimento alla piadina prodotta con metodo industriale, nonostante il disciplinare (documento che, assieme all’atto unico, deve necessariamente accompagnare la domanda di registrazione) non contenesse elementi tali da far ritenere che quest’ultima gode di reputazione. La ricorrente, in altre parole, contestava il fatto che nel valutare la domanda di registrazione avanzata dalle autorità italiane, la Commissione avesse ritenuto sussistenti elementi idonei a giustificare anche il legame tra la piadina prodotta con metodo industriale e la sua origine geografica.

Il Tribunale UE ha respinto tale motivo di ricorso, chiarendo, innanzitutto, quello che è il riparto di competenze nel processo di registrazione di una IGP, processo avente natura bifasica. Al punto 34 della sentenza si legge:“la decisione di registrare una denominazione come IGP può essere adottata dalla Commissione solo se lo Stato membro interessato le ha presentato una domanda a tal fine e che una siffatta domanda può essere presentata solo se lo Stato membro ha verificato che essa è giustificata. Tale sistema di ripartizione delle competenze si spiega in particolare con la circostanza che la registrazione presuppone la verifica che sia soddisfatto un certo numero di requisiti, tra cui quello relativo al legame tra il prodotto e la zona geografica di cui trattasi a causa della reputazione del prodotto attribuibile al fatto che esso proviene da tale zona geografica, il che richiede conoscenze approfondite di elementi particolari dello Stato membro interessato che le autorità nazionali possono meglio verificare”.

Ne consegue, e ciò emerge tanto dall’impianto sistemico del reg. n. 1151/2012, quanto dalla stessa giurisprudenza comunitaria, che la Commissione è tenuta unicamente “a verificare, prima di registrare una denominazione come IGP, da un lato, se il disciplinare che accompagna la domanda che le è stata presentata contenga gli elementi richiesti dal regolamento n. 1151/2012, in particolare dall’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso, e se tali elementi non siano viziati da errori manifesti e, dall’altro, sulla base degli elementi contenuti nel disciplinare, se la denominazione soddisfi i requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 2, del medesimo regolamento”.

Ciò premesso, l’estensore procede ad individuare le ragioni che hanno portato il Tribunale a ritenere che la piadina gode di una reputazione che giustifica il riconoscimento dell’esistenza di un legame tra tale prodotto e la sua origine geografica, indipendentemente dalla questione se sia fabbricata mediante i metodi artigianali o industriali.

Al riguardo, viene osservato, preliminarmente e in via generale, che “se la reputazione di un prodotto può essere stabilita poiché esso possiede determinate proprietà in quanto proviene dalla zona geografica considerata, in particolare a causa dei fattori naturali od umani connessi a quest’ultima, e suscita quindi nei consumatori una determinata immagine attribuibile alla sua origine geografica, si deve considerare che esiste un legame, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, tra detto prodotto e la zona geografica da cui esso proviene, indipendentemente dalle sue modalità di fabbricazione”.

Nella specie, secondo l’opinione dei decisori, “il documento unico e il disciplinare, che accompagnano la domanda di registrazione dell’IGP controversa, contengono indicazioni relative ai fattori umani, culturali e sociali, concernenti le conoscenze particolari di fabbricazione della piadina tramandate in Romagna di generazione in generazione nonché gli sforzi della popolazione della zona diretti a valorizzare questo prodotto come proveniente da detta zona, che sono all’origine della reputazione della piadina. Tali indicazioni devono essere quindi considerate come elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un legame tra la reputazione del prodotto e la zona geografica considerata a causa della sussistenza dei fattori umani”. Infatti, “grazie a tali tecniche di fabbricazione della piadina, inizialmente utilizzate per il consumo immediato, poi per il consumo differito, e grazie agli eventi socio-culturali organizzati dalla popolazione, il consumatore associa l’immagine della piadina romagnola, qualunque ne sia la modalità di realizzazione, al territorio della Romagna”.

Riccardo Orlandi

Per il testo integrale della sentenza si rinvia all’indirizzo: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=201392&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=2008190

(1) Regolamento di esecuzione (UE) n. 1174/2014, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP)], del 24 ottobre 2014. Disponibile all’indirizzo: https://curia.europa.eu/jcms/jcms/j_6/it/

(2)La c.d. “saga della Piadina Romagnola” è stata inaugurata nel 2011 con la presentazione da parte del Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola (Co.P.Rom) alle autorità italiane della domanda di registrazione della denominazione “Piadina Romagnola” o “Piada Romagnola”come indicazione geografica protetta. Per una ricostruzione critica dei successivi avvenimenti e vicissitudini giudiziarie si rinvia a V. Paganizza, Dalla padella alla brace: la Piadina Romagnola IGP, dal “testo” al Consiglio di Stato, in Rivista di diritto alimentare, 3, 2014, disponibile on-line all’indirizzo: http://www.rivistadirittoalimentare.it/

(3) Il procedimento di registrazione delle IGP era originariamente regolato dal reg. 510/2016. Tale regolamento è stato poi sostituito dal reg. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, consultabile all’indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/homepage.html