Per i vizi dell’opera rispondono in via solidale l’appaltatore e il direttore dei lavori?

 

Cassazione civile sez. II – 19/07/2022 n. 22575

L’annotata ordinanza della Sprema Corte ha affermato il seguente principio: “ qualora il danno subito dal committente rientri nell’ambito dell’articolo 1669 c.c., e sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori “entrambi rispondono solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarieta’, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse” (Cass. 18521/2016), trovando il vincolo di responsabilita’ solidale “fondamento nel principio di cui all’articolo 2055 c.c.” (Cass. 18289/2020)”

IL CASO.  A rivolgersi agli ermellini è la ditta appaltatrice chiamata in causa dall’architetto direttore dei lavori in uno stabile.
Il condominio assumeva che i lavori erano stati mal eseguiti e chiedeva un cospicuo risarcimento.
Il direttore dei lavori faceva notare tra l’altro che l’azione di risarcimento era stata avanzata dal condominio solo nei suoi confronti, non della ditta esecutrice, che si difendeva assumendo di non essere tenuta al vincolo di solidarietà nei confronti del direttore dei lavori esterno.
Secondo la Corte la diversa natura contrattuale delle due prestazioni non incide quando entrambe le attività possono concorrere alla produzione del danno.
Non incide neppure il dato della scarsa presenza del direttore dei lavori nel cantiere. Indipendentemente dalla frequenza dei controlli, il direttore dei lavori avrebbe potuto contestare le modalità esecutive dell’opera rispetto al progetto anche con un’unica visita all’interno dell’edificio.
Responsabilità condivisa quindi e risarcimento da corrispondere al condominio danneggiato.
E il ruolo dell’amministratore? Il contratto di appalto è deciso dall’assemblea condominiale e l’amministratore deve curare la sua esecuzione, in base all’articolo 1130 del Codice civile non trascurando gli articoli 90 e 93 del decreto legislativo 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro che obbligano il committente a verificare l’idoneità tecnica professionale della ditta appaltatrice e ad acquisirne la relativa visura camerale e il Durc, il documento unico di regolarità contributiva.
Attenzione soprattutto al contratto: l’appaltatore deve eseguire i lavori a regola d’arte, in conformità al contratto d’appalto, capitolati, computi metrici, normative in tema di sicurezza del lavoro.
Nell’ambito dei lavori del 110% e comunque dei bonus edilizi si devono verificare e collaudare gli interventi alla presenza dell’appaltatore, del committente e/o del direttore dei lavori, in occasione dei vari Sal (stati avanzamento lavori) da inviare all’Enea e all’agenzia delle Entrate.
Verifica che può portare ad accettazione dei lavori senza riserve, ad accettazione con riserva per riscontrati vizi o difetti o a una dichiarazione di non accettazione.
In questi due ultimi casi, vanno indicate le motivazioni, supportate da idonea documentazione.
In caso di riscontrati vizi e/o difetti imputabili all’appaltatore, lo stesso dovrà porvi rimedio.
Gli amministratori committenti devono prestare attenzione alle clausole contrattuali che escludono le responsabilità dell’appaltatore per danni indiretti, che escludono o limitano le eventuali garanzie di risultato (performance) indicate nel contratto e negli allegati, o che escludono responsabilità per ogni mancato guadagno e/o perdita per mancata e/o limitata commerciabilità e/o redditività degli immobili oggetto dei lavori.

 

Il testo della sentenza

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO    Rosa Maria                    –  Presidente   –

Dott. GRASSO         Giuseppe                      –  Consigliere  –

Dott. ABETE          Luigi                         –  Consigliere  –

Dott. DONGIACOMO     Giuseppe                      –  Consigliere  –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara                   –  rel. Consigliere  –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13395/2017 proposto da:

B.G., TITOLARE DI IMPRESA S. di  B.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA,

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliato in ROMA,

– controricorrente –

e contro

R.G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, V

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 826/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2022 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO IN FATTO

CHE

  1. Il Condominio di (OMISSIS) conveniva in giudizio l’architetto R.G.S., direttore dei lavori di manutenzione straordinaria effettuati nello stabile condominiale, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni asseritamente collegati agli eseguiti interventi. Si costituiva l’architetto R. chiamando in causa B.G., quale titolare della ditta individuale S. di B.Gche aveva eseguito i lavori, chiedendo che, in caso di accertamento dei vizi lamentati dall’attore e in considerazione dell’addebitabilità degli stessi all’appaltatore, questo fosse condannato a indennizzarlo della eventuale condanna. Si costituiva B., che eccepiva come rispetto ai vizi denunciati fossero ormai decorsi i termini di cui agli artt. 1667,1668 e 1669 c.c.; il chiamato evidenziava anche l’avvenuto svolgimento di un giudizio arbitrale da egli instaurato per ottenere il pagamento da parte del Condominio di ulteriori lavori non previsti nel contratto, giudizio arbitrale che si era concluso con l’accoglimento della sua domanda e il rigetto delle domande riconvenzionali del Condominio relative alla “cattiva esecuzione” del contratto d’appalto.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3070/2015, ha parzialmente accolto la domanda del Condominio e, accertato l’inadempimento del convenuto all’incarico professionale, lo ha condannato al risarcimento del danno quantificato in Euro 64.073,30; ha poi parzialmente accolto la domanda di regresso dell’architetto R. e ha condannato l’appaltatore a tenerlo indenne nella misura del 70%.

  1. La sentenza è stata impugnata in via principale da B.; R. ha impugnato in via incidentale, chiedendo di accertare la responsabilità esclusiva dell’appaltatore. La Corte d’appello di Milano con sentenza 27 febbraio 2017, n. 826 – ha rigettato sia l’appello principale che quello incidentale.
  2. Avverso la sentenza della Corte d’appello B.G. ricorre per cassazione.

Resiste con controricorso R.G.S., che propone ricorso incidentale.

Resiste con distinti atti di controricorso avverso il ricorso principale e quello incidentale il Condominio di (OMISSIS).

Il ricorrente incidentale ha depositato memoria.

Con atto datato 2 aprile 2021 il difensore di B. ha comunicato di avere rinunciato al mandato conferitogli; con atto del 21 luglio 2021 si è costituito il nuovo difensore.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

  1. Il ricorso principale è articolato in quattro motivi, che ripropongono doglianze già sottoposte al giudice d’appello con i motivi di gravame.

1) Il primo motivo contesta “violazione del divieto del ne bis in idem, violazione del pur riconosciuto obbligo di astenersi dal deliberare intorno alla responsabilità del deducente nei confronti del Condominio, in relazione al compromesso e al lodo munito di esecutorietà”: il giudice d’appello ha ritenuto che gli effetti del lodo non fossero opponibili a R. perché la decisione arbitrale non poteva vincolarlo, ma “i fatti accertati nel lodo, per quanto circoscritti all’attività dell’impresa appaltatrice, sono estensibili al direttore dei lavori, il quale potrà giovarsi in giudizio, salvo ove ci fosse la responsabilità di quest’ultimo nell’espletamento dell’incarico assegnatogli dal Condominio, la quale del resto è oggetto di precisa domanda nei suoi confronti”; rileva quindi la netta distinzione tra le responsabilità dell’appaltatore e del direttore dei lavori, evidentemente dipendenti da due negozi distinti.

2) Il secondo motivo contesta “violazione degli artt. 99,100 e 101 c.p.c., per avere il giudice proceduto ad autonoma qualificazione della domanda proposta dal convenuto nei confronti dell’impresa; violazione degli artt. 88,100 e 101 c.p.c., per avere il giudice di prime cure qualificato la domanda proposta dal Condominio addirittura contra dicta e quindi contro la proclamata volontà dell’interessato”: il Condominio non ha mai avanzato alcuna domanda nei confronti dell’impresa appaltatrice, avendo agito in giudizio nei confronti del solo direttore dei lavori “per fatti propri”.

3) Il terzo motivo fa valere “violazione degli artt. 1292 e 2055 c.c., per avere la Corte d’appello asserito l’esistenza di responsabilità solidale e di conseguente regresso a favore del preteso coobbligato, senza avere competenza per delibare sulla responsabilità del deducente nei confronti del Condominio”: nel caso di specie non vi è alcuna responsabilità solidale tra il direttore dei lavori e l’appaltatore, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2055 c.c..

4) Il quarto motivo contesta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “mancata delibazione in ordine alle numerose eccezioni preliminari e di merito spiegate dal deducente, che è andato oltre le eccezioni preliminari ed aveva ritualmente proposto eccezioni di prescrizione e di infondatezza delle pretese spiegate nei suoi confronti”: la Corte d’appello, nel rigettare il motivo di gravame, sarebbe partita da un presupposto “fuorviante”, ossia che l’azione nei confronti dell’impresa appaltatrice non è stata proposta dal Condominio, ma dal direttore dei lavori, quando ciò che rileva sarebbe che “il Condominio si è astenuto dal rivolgere qualunque domanda nei confronti del deducente”, fatto decisivo che sarebbe stato omesso dal giudice d’appello.

I motivi, tra loro strettamente connessi, non possono essere accolti. Il terzo motivo nega la sussistenza del vincolo di solidarietà tra il direttore dei lavori e l’appaltatore e l’inapplicabilità dell’art. 2055 c.c., negazione della solidarietà che è sottesa anche al secondo, al primo e al quarto motivo. Il ricorrente in tal modo non considera che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora il danno subito dal committente rientri nell’ambito dell’art. 1669 c.c., e sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori come nel caso in esame ha accertato il giudice d’appello (cfr. le pp. 10 e 11 del provvedimento impugnato) – “entrambi rispondono solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse” (Cass. 18521/2016), trovando il vincolo di responsabilità solidale “fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c.” (Cass. 18289/2020), “a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità”, essendo sia l’appaltatore che il direttore dei lavori, con le rispettive azioni od omissioni, “entrambi autori dell’unico illecito extracontrattuale, e perciò rispondendo, a detto titolo, del danno cagionato” (Cass. 8016/2012); infatti le attività dell’appaltatore come quella del direttore dei lavori “pur essendo i contratti ai quali si ricollegano di diverse. natura possono concorrere tutte alla produzione del danno, con la conseguenza che gli indicati soggetti (indipendentemente dalla graduazione delle rispettive colpe nei rapporti interni) sono tenuti a risarcire integralmente i danneggiati” (Cass. 4900/1993).

Per quanto concerne specificamente la censura, di cui al primo motivo, di violazione del ne bis in idem in relazione al lodo reso nel giudizio arbitrale, correttamente la Corte d’appello ha rilevato che l’architetto R. era estraneo al contratto d’appalto e pertanto la clausola compromissoria a questo apposto non poteva vincolarlo e il lodo non poteva avere nei suoi confronti alcun effetto. Al riguardo va precisato che il titolare dell’impresa appaltatrice è stato chiamato in causa con la proposizione nei suoi confronti dell’azione di regresso da parte del direttore dei lavori (come puntualizza la Corte d’appello, correttamente e non in modo “fuorviante” come deduce il ricorrente nel quarto motivo) e che l’art. 1306 c.c., si applica nei soli rapporti tra creditore e coobbligato solidale e non ai rapporti di regresso tra i vari condebitori. Ne consegue che nell’azione di regresso del condebitore nei confronti dell’altro coobbligato, il coobbligato convenuto (il ricorrente) non può “opporre altro e contrastante giudicato, col quale sia stata rigettata la pretesa creditoria nei suoi confronti” (Cass. 16117/2013).

Il ricorso principale va pertanto rigettato.

  1. Il ricorso incidentale è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla mancata sorveglianza dei lavori eseguiti dall’impresa appaltatrice”.

Il motivo non può essere accolto. In rubrica, anzitutto, viene richiamato un parametro – l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – non applicabile ratione temporis alla fattispecie. Nello sviluppo del motivo si lamenta poi che la Corte d’appello abbia “del tutto ignorato” dati di fatto che confuterebbero l’assunto della mancata vigilanza sui lavori da parte di R., dati di fatto di cui non si ravvisa il carattere della decisività alla luce dell’accertamento di fatto posto in essere dal giudice d’appello, secondo cui, “indipendentemente dalla frequenza in cantiere di R., quello che è certo è che non risulta alcun intervento da parte sua volto alla contestazione delle modalità esecutive dell’opera anche per la parte non rispondente a progetto” (p. 12 della sentenza impugnata). Nella parte finale del motivo, infine, si contesta che il ricorrente, pur non avendo alcuna responsabilità per i vizi lamentati o comunque una responsabilità pari solo al 30%, sia stato condannato al risarcimento integrale in favore del Condominio, così non considerando la solidarietà della responsabilità dell’appaltatore e del direttore dei lavori (supra, sub I).

2) Il secondo motivo contesta “violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., omessa motivazione in ordine alla condanna al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio”: il ricorrente non doveva essere condannato al pagamento delle spese in favore del Condominio, in quanto il processo “non è causalmente riconducibile ad alcun suo comportamento”.

Il motivo non può essere accolto. Il ricorso per cassazione è infatti rivolto nei confronti della pronuncia del giudice di secondo grado, che ha integralmente rigettato l’appello incidentale di R., così che – in corretta applicazione dell’art. 91 c.p.c. – ha condannato quest’ultimo al pagamento delle spese in favore del Condominio.

Il ricorso incidentale va quindi rigettato.

III. Considerata la reciproca soccombenza vanno compensate le spese tra i due ricorrenti, che vanno condannati in solido al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti del Condominio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensa le spese del presente giudizio tra il ricorrente principale e il ricorrente incidentale e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in favore del controricorrente, che liquida in Euro 5.800, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono,D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 25 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2022