Tutela del credito. La data certa del credito nell’ammissione al passivo del fallimento. Cassazione Sez.Un. 20 febbraio 2013, n. 4213

Come si evince dalla massima riportata in apertura, con l’importante arresto giurisprudenziale in commento gli ermellini hanno affermato i seguenti principi:

  1. il curatore del fallimento è terzo in quanto svolge una funzione di gestione del patrimonio del fallito rappresentando anche e soprattutto gli interessi della massa creditoria nella sua veste di incaricato istituzionalmente alla formazione dello stato passivo (il che implica che nei suoi confronti non può essere invocata la norma dell’art 2710 cc secondo la quale i libri contabili fanno prova tra imprenditori ed i rapporti inerenti l’esercizio dell’impresa);
  2. il requisito della data certa di scritture è configurabile come elemento impeditivo (e non costitutivo) del riconoscimento del diritto perché altrimenti si renderebbe impossibile o estremamente difficoltoso l’esercizio del diritto stesso da parte del creditore istante tanti caratteri peculiari dei rapporti commerciali in relazione ai quali il legislatore ha previsto agevolazioni probatorie per agevolare gli scambi;
  3. le riconoscimento del carattere impeditivo delle riconoscimento del diritto di credito implica che sollevata l’eccezione (sull’ammissibilità del credito) da parte del curatore (o del Giudice delegato) occorrer instaurare il contraddittorio tra le parti sul punto.

Alla luce dei principi sopra riferiti, il problema dell’ammissione del credito commerciale al passivo del fallimento può presentare non poche difficoltà ove si consideri che se ben vero che le fatture fiscali i documenti di accompagnamento sono equiparate le scritture contabili, secondo la giurisprudenza detti documenti pur se regolarmente tenuti, “non hanno valore di prova legale a favore dell’imprenditore che le ha redatte, spettando sempre la loro valutazione al libero apprezzamento del giudice, ai sensi dell’art. 116, primo comma, cod. proc. civ. . Non solo. Sovente, dalla stessa giurisprudenza, è stata ritenuta irrilevante ai fini dell’art. 2704 c.c. l’autenticazione notarile apposta alle fatture prodotte dal creditore poiché successiva alla data di dichiarazione di fallimento.

La sentenza in commento, pertanto, richiamando un principio già espresso in precedenza da altra pronuncia delle Sezioni Unite conclude affermando che il creditore, interessato all’insinuazione del proprio credito sulla base di documenti relativi a un rapporto commerciale sorto prima della dichiarazione di fallimento, deve agire rispettando la cd. “regola della certezza e computabilità” della data ex art. 2704 c.c.

Per mitigare il rigore di tale considerazione giova tuttavia sottolineare che la norma in oggetto non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di un atto tra privati non autenticato ( come una scrittura privata, un contratto o un credito) debba ritenersi certa rispetto a terzi, e molteplicii pronunce hanno ritenuto che debba essere demandata al giudice del merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la certezza della data (ex multis Cassazione Civile, Sezione I, 22 Ottobre 2009 n. 22430) .

Così si è ritenuto che in assenza delle situazioni tipiche di certezza previste dall’articolo 2704 del Codice Civile, il fatto idoneo a stabilire in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento in sede di contenzioso, potesse essere oggetto di prova per testi o anche per presunzioni, purchè, ha affermato la Suprema Corte in un recente arresto ( Cass. n. 19656 del 1 Ottobre 2015 ), il fatto dedotto in giudizio per integrare la prova sia munito di una certa attitudine probatoria, il che non succede quando le prove allegate siano rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento.